Babylucciole, gli scoop di D’Ercole


(di Amedeo Esposito, foto) – COSI’ NON SI RIALZA LA CITTA’ CHE E’ TANTO FERITA – Un uomo della televisione qual è il Vescovo ausiliario dell’Aquila, monsignor Giovanni d’Ercole, è certamente affascinato dalla visibilità, a qualunque costo.
Anche a denunciare – per averlo sentito dire da un medico dell’ospedale – che “nella nostra città purtroppo esiste la piaga della prostituzione minorile”, dovuta al disagio sociale che vivono i nostri ragazzi entro i supermercati.
E’ chiaro che così la comunità aquilana – tutta: laica e cattolica – s’è trovata dinanzi ad una “realtà” impensabile, e del tutto ignorata dal questore Rizzo (persona di tutto rispetto nel suo mandato) che, giustamente si è domandato come mai il “medico dell’ospedale” , che ha informato monsignor D’Ercole, non avesse fatto il suo dovere di professionista, ma soprattutto di uomo di scienza, di riferire tutto il suo “conoscere” alle autorità competenti.
Si ha la profonda impressione che il Vescovo ausiliare non sia perfettamente in sintonia con quel “noi” invocato e gridato tuttora dal metropolita Giovanni Petrocchi, il quale “sogna” l’unità della chiesa aquilana con i cittadini – di qualunque fede o laici – inglobati nelle istituzioni a tutti i livelli, magari indotti ad ascoltare le supreme sillabe del Cristo: “Talità kum – rialzati fanciulla”.
La via televisiva imboccata dall’Ausiliare D’Ercole – al quale la città ha espresso la solidarietà per aver riferito (ancora questo termine) alcune notizie giudiziarie, senza aver commesso alcun reato – rende, a nostra modo di vedere, la dolorosa diaspora aquilana sempre più distante dal ritrovarsi.
Sarà anche giusta la denuncia di monsignor D’Ercole come uomo della televisioe quale egli è, ma certo non lo è per un “pastore d’anime” come si pensa che egli sia.
E’ giusto – per quel che possa valere il nostro pensiero di giornalista d’altri tempi, anche cattolico – dire: fuori le prove!
Siano gli organi preposti ad accertare i fatti, alla Chiesa di lenire le ferite prodotte.
Così come sostiene il teologo Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto:
“…il semplice fatto che la mancanza di beni di alcuni giochi a favore del loro sfruttamento, e quindi dell’avidità e del benessere altrui, è colpa di cui dobbiamo prendere coscienza senza alibi e senza difese pregiudiziali”, ma di certo senza scoop giornalisti o televisivi.


06 Novembre 2013

Categoria : Cronaca
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