L’Aquila tra degrado sociale e sogni di rinascita


(di Flavio Colacito – psicopedagogista) – A volte viene da pensare che quel che non è riuscito a fare il terremoto lo ha fatto l’uomo nel corso di questi anni, demolendo una comunità nell’animo alle prese con fenomeni sociali estremi e nuovi, almeno rispetto a un certo stile di vita a cui eravamo abituati. Le ultime cronache ci evidenziano, qualora ce ne fosse ancora bisogno, uno scenario giovanile e umano in genere a tinte fosche, che degrada dal bullismo alla prostituzione minorile, dal consumo di droghe e alcol all’uso elevato di farmaci ansiolitici e antidepressivi, passando per i fenomeni più circoscritti di abbandono e senso di smarrimento tra gli anziani relegati nelle new towns o nei moduli abitativi provvisori, che con il passare del tempo tutto sembrano meno che tali. Eppure c’è ancora chi afferma che, in fondo, tutto questo è normale, che L’Aquila non sta peggio di altre città, che non è allarme sociale, come se si volesse annullare il problema. Basterebbe parlare con chi opera nei settori umanitari o nella sanità, per notare come i dati siano ben altri comparandoli con quelli anteriori al 6 aprile 2009, evidenziando le difficoltà specifiche riscontrate nel tessuto sociale cittadino profondamente cambiato e trasformato anche attraverso flussi di immigrati che non sempre riescono ad integrarsi con le comunità locali, cadendo nella rete di altre organizzazioni spesso senza scrupoli, alimentando una catena di soggetti disperati e pronti a tutto. In questa realtà il nemico più grande è la perdita di un modello educativo, perché si finisce per vivere in un far west dove ognuno trova un proprio modo di interpretare il mondo e interagire con esso, un processo dove gli stessi adulti non sono in grado di comunicare con i giovani andando essi stessi per primi alla ricerca di un senso d’identità. Le parole del vescovo ausiliare dell’Aquila Giovanni D’Ercole sul disagio giovanile hanno un peso notevole quando afferma che “Il disagio deve essere – ha detto il prelato – una delle più grandi preoccupazioni per noi adulti” lanciando un appello affinché “si incoraggino i ragazzi a parlare con gli adulti, gli insegnanti, i sacerdoti, gli educatori in modo tale che si possano prevenire certi fenomeni”. È un chiaro invito a ritrovare il dialogo e la certezza dei punti di riferimento nel processo evolutivo dei ragazzi rispetto al mondo adulto, necessari in maggior misura in una situazione di disagio economico nazionale, dove L’Aquila occupa una posizione critica alle prese con la ricostruzione . Tuttavia un problema è rappresentato anche dall’interpretazione a senso unico di una ricostruzione intesa materialmente, con pochi accenni al potenziamento dei servizi sociali da destinare alla popolazione bisognosa, a tutti quelli impegnati a trovare l’orientamento in un contesto dominato dalla causalità o, peggio, dalla ripetitività delle azioni in luoghi e spazi sempre uguali, con contatti interpersonali più strumentali che umani, dove a volte il divertimento cede il passo alla violenza, magari per gioco, pur di rompere la monotonia quotidiana. Oggi a L’Aquila i nemici da combattere non sono solo quelli che economicamente ostacolano la ricostruzione , ma le parole come “monotonia”, “alienazione”, “depressione”, “solitudine”, con tutte le sfumature e i sinonimi collegabili, pericolose in quanto agiscono subdolamente su chi è più debole , doppiamente infide perché accrescono grazie alla scarsa considerazione derivante dalla mancanza di progetti finalizzati a reprimerle, nelle scuole, nei quartieri anonimi, nelle strade caotiche dove la gente si muove nell’indifferenza generale. Tra le mancanze del precedente governo Monti e dell’ex ministro Barca, non si può certo dimenticare la scarsa sensibilità dimostrata verso le tematiche sociali dell’Aquila, ignorando le professionalità operanti negli ambiti umanitari a vario titolo e livello che non sono state contemplate in nessun concorso pubblico espletato, né valorizzate opportunamente negli enti locali nonostante la loro preziosità. Adesso, ancora una volta, la rinascita continua ad essere un sogno.


08 Novembre 2013

Categoria : Cultura
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