“Scuole a L’Aquila, è un delirio per tanti ” – “Importante però è che nulla di sappia”
L’Aquila – Da Serenella Ottaviano riceviamo. “Il 21 settembre a L’Aquila le scuole di ogni ordine e grado hanno riaperto i battenti. Alcune hanno iniziato la didattica il 28 settembre, altre ancora il 5 ottobre (termine ultimo individuato per validare l’anno scolastico). Non tutte le scuole avviate, però, sono state messe nelle condizioni di poter garantire il diritto allo studio.
Sono una cittadina italiana residente a L’Aquila, madre di una bimba di nove anni di nome Irene, insegnante di lettere in un istituto superiore. Dal 6 aprile 2009 vivo l’emergenza e da un po’ – mi dicono – la “riabilitazione” di una vita stuprata dal sisma. Vivo (sopravvivo?) nel dolore, nell’approssimazione, nella difficoltà logistica, sociale, relazionale e di accesso ai servizi e di godimento dei diritti. Ho voluto anche credere alle favole che mi hanno raccontato, convinta che peccassi di pessimismo e di quell’insano realismo che tanto NON vanno di moda. Cerco, da sempre, di capire, di confrontarmi, di impegnarmi a proporre soluzioni dal basso, ma la mia voce sembra aver perso il diritto ad essere ascoltata. Vivo (sopravvivo?) con coraggio e con dignità anche la mia rabbia, ma mi sentirei definitivamente frustrata se la VERITA’ di ciò che accade non riuscissi a comunicarla.
Mia figlia non ha ancora una sede igienica e sicura adibita a svolgere le lezioni di cui ha diritto (la Prot. Civ e le Istituzioni competenti non sono state in grado di allestire in tempo utile i Moduli ad Uso Scolastico Provvisorio per tutti quanti ne avevano bisogno e diritto). Irene dunque, con la sua classe e la scuola elementare statale “Celestino V” (in attesa dell’ultimazione e della consegna del MUSP), è ospitata in alcuni locali prestati dalla Scuola per l’Infanzia statale “C. Collodi”. Le lezioni delle elementari si svolgono in stanze (non aule) non attrezzate (mancano ad esempio le lavagne), in alcuni casi in locali antibagno (con ovvio passaggio di coloro che ne hanno necessità) e senza uscite di sicurezza. Le bimbe ed i bimbi dell’infanzia, invece, sono stati riuniti nel grande locale centrale dell’edificio, dove lavorano tutti insieme, giocano e mangiano.
La scuola elementare di Villa Gioia – altro esempio – è ospitata anch’essa in altra struttura, in attesa del MUSP per essa previsto.
Analoga sorte tocca all’IPSIASAR “Leonardo da Vinci” e all’ISA “F. Muzi”, scuole per cui solo da qualche giorno pare sia iniziato lo sbancamento per la costruzione del MUSP. I circa 800 studenti e studentesse di questi due istituti sono, pertanto, ridotti a fare lezione soltanto tre ore pomeridiane, ospiti delle strutture dell’ITIS “Rendina” e del tecnico per Geometri “Colecchi” di L’Aquila. Da giugno 2009 – se non dal 13 maggio – molti genitori ed insegnanti aquilani avevano tentato di sollevare il problema e di individuare soluzioni possibili.
Ad oggi, la situazione è che, finalmente, da lunedì 2 novembre 2009 (!!!) anche questi 800 alunni avranno garantito il loro diritto costituzionale alla formazione, benché in maniera provvisoria e temporanea (fino a fine novembre?). I due istituti superiori, infatti, saranno collocati in locali distribuiti su quattro sedi dislocate in quattro parti diverse della città: il MUSP (quasi ultimato) per le bimbe e i bimbi della “Celestino V” (che resterà, pertanto, a comprimere gli spazi necessari alla “Collodi”), il MUSP (ultimato) previsto per le elementari di “Villa Gioia”, alcuni locali liberi della scuola elementare di Santa Barbara e un’ala dell’ITG “Colecchi”.
Finalmente il disagio di circa 900 alunni ed alunne, di 150 docenti e di una settantina di lavoratori in queste scuole a vario titolo è – sulla carta – risolto! In fondo sono SOLO un migliaio di famiglie a doversi “adattare” per ancora un mese!
L’importante è che NON SI DICA ciò che NON funziona bene e che NON SI SAPPIA.
L’importante che questo sia considerato solo come lo sfogo di una povera cittadina italiana, madre ed insegnante. Un delirio personale! Un delirio è, infatti, uscire di casa (?) alle otto e rientrare alle venti (per uno spostamento nel raggio di appena 15 chilometri). Un delirio che bambine e bambini delle elementari e dell’infanzia ancora NON abbiano locali idonei, confortevoli, sicuri e facilitanti l’apprendimento. Un delirio che ottocento alunne ed alunni di un istituto superiore NON abbiano garantito il loro diritto all’istruzione. Un delirio non avere laboratori per le esercitazioni pratiche in un istituto professionale (e non dico biblioteca, aula informatica e linguistica, palestra e campi sportivi esterni). Un delirio che tutti i docenti si prodighino, ogni giorno, per offrire didattica di qualità senza avere neanche una sede fissa. Un delirio essere dimenticati dalle altre cittadine e cittadini italiani che – dopo essersi commossi per la tragedia delle morti e della distruzione della città – hanno accettato la morfina del messaggio mediatico e si sono lasciati convincere che, all’Aquila, TUTTO FUNZIONA. Un delirio la violenza del silenzio complice della stampa, troppo impegnata a propagandare quello che è stato finora risolto (poco) e decisa a spostare al primo futuro anniversario la memoria della micro-società aquilana ormai obbligata ad imparare la supina accettazione del “meno peggio”,con una “logica da schiavo” che la porta a ringraziare delle briciole, quando avrebbe diritto al pane.
Un delirio?”.
(Nella foto Col: Oggi alcune scuole sono così)
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