In giro per l’ex città , scoperte e umori
L’Aquila – (di Gianfranco Colacito) – (Foto: il Gran Sasso, 29 ottobre senza ombra di neve; il parcheggio di via Carducci senza uscita, e la famigliola di gatti) – Il cronista ha un’ora e mezza da “sfrusciarsi” nell’ex città , sotto un Sole da estate, e un caldo che nell’auto esige il climatizzatore. Capita in un martedì dedicato alle faccende da sbrigare, con un “buco” temporale. Via l’auto, e gambe in spalla. Un piccolo regalo da assaporare nell’autunno inoltrato che somiglia ad un luglio non torrido, ma sempre luglio.
Un’occhiata al Gran Sasso dalla zona del tribunale è la migliore conferma: neppure una minima traccia di neve guardando fino in cima ai 3.000 metri circa del Corno Grande. Davvero un’anomalia: di solito a ottobre il Gran Sasso “indossa le mutande” bianche delle prime nevicate in quota.
Però la neve arriverà , possiamo esserne certi. Magari non tanta, magari non abbondante come ai tempi in cui non sapevamo neppure cosa fosse il riscaldamento globale. Ma arriverà sicuramente a novembre. O no? Vedremo.
Dal polo giudiziario baraccato e conteinerizzato, verso i lavori che non finiscono mai nel grande svincolo di Bazzano (in due anni, poco e niente…) e ancora verso quelli, imponenti, tra viale Corrado IV e piazza d’Armi. Al bar per un caffettino mattutino, giusto per captare la seguente conversazione tra un ometto alto 1,58 al massimo, e una signora che porta due bambini, uno bianco e uno nero. L’ometto è minuscolo, ma sfoggia una mutria da intimidire. E bercia: “Ma che stanno a ffà , ecco, allargano, rompono, sbuciano, scavano, sterrano… non se capisce niente”.
Cinguetta la signora: “Una strada tanto larga, ma per andare dove? A L’Aquila che non ci sta?”.Filosofie nihiliste e riflessioni demolitrici, come le ruspe per i tanti palazzi scomparsi in via XX Settembre. O forse soltanto iceberg di depressioni che ormai sono in alta marea. Spruzzi di odio e amore miscugliati. “Odio moderatamente tutti”, ci torna in mente la boutade letterario-giornalistica.
Se i lavori non ci fossero stati, avrebbero detto che bisognava farli e che al Comune, alla Regione, al Governo e persino alle isole Fiji “sono tutti ladri”. Pare di sentirli. “BBasta che maggnano…”.
Poiché tentano di coinvolgerci tirando in ballo giornali e televisioni, tagliamo la corda. Non è proprio aria, di qualunquismi e di tirate becere ne abbiamo fino sopra alle orecchie: una spanzata da mattina a sera. Figuriamo che ci lasciamo rubare un’ora di zonzo al Sole.
Puntiamo verso via Piccinini e Pettino. Gironzolando senza una meta precisa, scopriamo che molte strade non hanno nome. Nessuno sa dirci dove si trovi, per esempio, via Lussemburgo, anzi uno in maniche di camicia, sudato, osserva: “Ji non la so mai manco sentita”. Nella zona di via Leonardo da Vinci, ci sono un sacco di parcheggi liberi, vuoti. Lungo via Carducci ci imbattiamo in un piccolo parcheggio che… non ha uscita. Se entri, devi fare marcia indietro nella strettoia per svincolarti. Sai se uno ha un’auto lunga che guaio.
Per fortuna, di fronte c’è una famigliola di gatti che sgranocchiano qualcosa tra le foglie secche. Deliziosa scenetta da fotografare. Riconcilia con la insipienza umana, che a L’Aquila emerge parecchio qua e là . Tra sciatteria, rifiuti, abbandono diffuso, scorci disadorni e malconci, cantieri dentro i quali senti urlare in moldavo o in croato. Una città senza centro, a in compenso con una periferia desolante e rappezzata, sbocconcellata. Cantierata. Altro che terzo mondo. Qua e là , spunta il quarto mondo. Chi sa quando L’Aquila conquisterà un aspetto decente, terremoto a parte. Speriamo presto, magari domani quando altre generazioni saliranno in serpa.
L’ora e mezza di svago è finita. Alla prossima. Si torna nell’ingorgo permanente tra un nulla e l’altro. Migliaia di pendolari dell’inutile che non vengono e non vanno da nessuna parte, ma occupano auto in movimento. E’ l’entropia inarrestabile e irreversibile. Vale dovunque e per chiunque, figuriamoci nella povera contrada dispersa tra le new town, un tempo chiamata con il nome di un orgoglioso e severo rapace.
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