La diabolica ossessione, appunti e disappunti di un ragazzo che amava il cinema (17)


L’Aquila – Gabriele Lucci, o Gabri Lu, va avanti con i suoi ricordi e con i tanti retroscena grazie ai quali L’Aquila avrebbe potuto davvero essere – e per un periodo lo fu – Città in Cinema, e restarlo, magari anche crescendo e maturandosi nel tempo. Le immagini si fanno evanescenti, i pensieri diventano riflessioni, spesso anche dubbi. Come luci in un mare di buio ogni tanto grandi nomi del cinema e connessioni con cose aquilane, a partire dal primo Cineclub. Sembra un corteo notturno con tante candele accese, come si usa fare oggi, come si è fatto a L’Aquila dopo il grande sisma del 2009. Dal buio guizzano luci tremolanti e vive, poi torna il buio, che è l’essenza dominante.

(di GABRIELE LUCCI) – (Foto: scorcio notturno dell’Aquila – di Massimo Leone – Michelangelo Antonioni, il film Blow Up) – Invio i pezzi al mio editore “inAbruzzo” firmando ogni volta Gabri Lu. Che ci sia un tentativo in quella abbreviazione di fuggire da me stesso, di non essere piu’ io? Se io non voglio essere piu’ io, cosa allora? Un’altra persona? O, stanco di spoglie umane, fantastico desiderando di essere un uccello oppure un albero una sedia una scarpa, il finestrino di un vagone ferroviario. Si’, proprio un finestrino di qualsiasi scomparto, cosi’ potrei osservare il mondo che gira intorno a me e allo stesso tempo ascoltare quanto si raccontano i passeggeri.
Ma ancora una volta vivrei in uno stato di mera osservazione, passivo, quasi letargico. Nessun protagonismo. Solo un falso movimento. Una trasformazione effimera. Perche’ il non voler essere piu’ se stessi ma altro da se’ muove da uno stato d’animo particolare, solo apparentemente e’ un moto a, dal momento che il sentimento dominante e’ e restera’l'indifferenza (quella particolare e dannata “attitude”) , anche verso qualsiasi futuro evento dovesse scaturire dalla nuova sembianza. In un certo senso, pure nel caso in cui si persegua un sogno non si vuole essere piu’ se stessi, quelli di prima. Infatti si desidera certamente una trasformazione del proprio essere attraverso il raggiungimento di un ideale, ma l’animus e’ completamente opposto a quello dell’esempio precedente.
Cinematograficamente si passa cosi’, e cito casualmente, dall’alienazione e dallo straniamento presenti in “Professione reporter” di Antonioni, dove un uomo si sostituisce a un altro, agli inseguimenti di iconici e catartici miti in “Un mondo perfetto” di Clint Eastwood o “Collateral” di Michael Mann, dove sfortunatamente per i protagonisti il proprio sogno di fuga risultera’ impossibile a realizzarsi o restera’, quanto meno, confinato in un incerto sfondo esistenziale. Perche’ un sogno tutt’al piu’ lo si puo’ accarezzare, come in “Into the wild” di Sean Penn, quando un ragazzo sulle ali della liberta’ arriva finalmente alla desiderata Alaska, ma solo per morirvi qualche mese dopo.
Tuttavia qualche deroga esiste. Il film s’intitola “Tucker-un uomo e il suo sogno”, e’ di Francis Ford Coppola e valse la nomination all’ Oscar a Milena Canonero, presenza d’orgoglio nella nostra Accademia dell’Immagine. Questa pellicola narra la storia vera di un visionario uomo che realizzo’ negli States il suo sogno costruendo delle automobili bellissime e innovative . Tucker le produsse sconvolgendo il mercato ma, allo stesso tempo, spingendo le Majors americane a una azione di graduale e asfissiante soffocamento nei confronti della sua strabiliante produzione. Oggi esistono solo 50 esemplari di quelle famose macchine, tra cui una appartiene allo stesso Coppola.
Come vedete, ragazzi, qualcuno riesce nell’impresa che si propone anche se poi…. Ma i sogni non muoiono mai, fanno parte della nostra realta’, anche della mia e della vostra. Per quello che mi riguarda, visto che sono stato sempre innamorato del cinema ho provato anch’io a realizzare il mio sogno, inseguendolo continuamente, coltivandolo e proteggendolo fino a che ho potuto.
Dai primi tentativi con un Cineclub all’Istituto La Lanterna Magica–con la “Citta’ in cinema” e poi i suoi Incontri, la sua Cineteca e Mediateca regionale–passando successivamente per l’Accademia dell’Immagine–con la sua Scuola, le sue produzioni fimiche ed editoriali, il cinema Massimo restituito alla citta’con la sua nutrita programmazione– fino all’Abruzzo film commission. C’e’ stato un tempo in cui tutto questo contestualmente ha convissuto e, grazie a tanti impiegati e non che mi hanno aiutato, ha preso forma concretizzandosi all’Aquila in un vero e proprio Sistema Cinema.
Non e’ stato ovviamente semplice ma, seppure per un periodo limitato, ho visto davanti a me quello che avevo immaginato. E cosi’ sono sfilati attori, registi, film, troupe cinematografiche, personalita’ della cultura e dello spettacolo, e ancora insegnanti, studenti, giornalisti, appassionati di cinema, sopratutto gente comune che assisteva ai nostri eventi o usufruiva dei nostri servizi offerti al territorio. Un lavoro ininterrotto per oltre 35 anni. Una vita e insieme una scelta di vita. Purtroppo quel sogno avrebbe dovuto essere accompagnato dalle Istituzioni pubbliche ma questo e’ avvenuto solo in parte cosi’, complice il terremoto e una dissennata politica, non ha potuto realizzarsi pienamente, almeno nel rispetto di tutte le sue potenzialita’.
Eppure l’apprezzamento del pubblico e della critica e’ stato sempre unanime e pochi hanno avuto un impatto mediatico internazionale cosi’ eclatante per le attivita’ svolte. Se si dovesse procedere a uno smantellamento di questo Sistema Cinema si creerebbe un indiscutibile vulnus, e non solo nella nostra citta’. A questo punto comunque vada la domanda e’: ne e’ valsa la pena? Certo che si! Perche’ cio’ che e’ stato non appartiene solo a me ma alla memoria collettiva. La condivisione di qualcosa e’ fonte vitale per la cultura e apre le porte al dialogo, anche se tra persone di idee opposte . Solo cosi’ ne usciamo arricchiti perche’ tutto concorre, per dirla con Allen Ginsberg, ad allargare l’area della nostra coscienza. D’altronde, assunta una posizione laica, siamo consapevoli che non esiste una verita’ assoluta, tutt’al piu’ tante verita’ relative che la determinano.
E siamo anche consapevoli che ognuno di noi vive la realta’, e gli eventi che essa propone, come l’insieme piu’ o meno logico di parti che altre persone potrebbero invece combinare in modo completamente differente. E’ proprio per questo che non mi azzardo a facili e frettolosi giudizi, preferendo uno sguardo piu’ tollerante e sempre memore che la decodificazione del reale e’ impresa molto ardua. Come ci insegna, per restare nella mia diabolica ossessione, anche Antonioni col suo “Blow up”.


26 Ottobre 2013

Categoria : Cronaca
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