CUP unico, un pasticcio d’oro
Pescara – GIULIANTE: UN CUP TANTO AL CHILO… – Per ora tutto fermo: saranno i giudici che dovranno districare la matassa, con i soliti ricorsi e le solite carte bollate che insabbiano spesso le iniziative pubbliche abruzzesi. Le stesse che in altre regioni vanno avanti senza intoppi ma soprattutto con costi assai più modesti. Il lupo perde il pelo ma non il vizio?
C’è da pensarlo. Il CUP, progettato centro unico per le prenotazioni di prestazioni sanitarie, in Emilia Romagna non è unico, nel senso che ha ancora dislocazioni territoriali, ma in compenso funziona assai bene grazie all’impiego massiccio di tecnologie e telematica. Nelle Marche, regione limitrofa ma con più abitanti rispetto all’Abruzzo (che ne conta solo 1,3 milioni ma costa come se ne avesse il triplo), il CUP va benissimo (lo dicono gli utenti) ma costa molto meno di quanto sia preventivato in Abruzzo.
Il problema, infatti, a parte i ricorsi e le carte bollate (al vaglio del TAR), è che per il CUP abruzzese si parla di circa 60 milioni di spesa, mentre quello emiliano costa meno di 10 milioni. E – udite udite – in Abruzzo dovrebbero lavorare nella struttura centinaia di persone, mentre in Emilia ne lavorano una sessantina. Per ora e per quanto emerge, il CUP unico abruzzese è solo un gran pasticcio tutto d’oro.
Allora, come vogliamo metterla, visto che il presidente Chiodi si vanta (giustamente) di aver messo a posto conti e costi della sanità?
UN CUP TANTO AL CHILO – Scrive Gianfranco Giuliante: “Gara CUP: Intervenga l’Ispettorato del lavoro per un call center un tanto al chilo! La legge 1369/60 vieta l’appalto di mere prestazioni di mano d’opera per qualunque opera o servizio. Al fine di valutare la legittimità di un appalto, il conferimento eventuale di capitali, macchine e attrezzature fornite dall’appaltatore deve comunque essere di modeste entità quantitativa e qualitativa. Va inoltre valutata la rilevanza dell’apporto dell’appaltatore per esempio nel caso di conferimento di know how, software, beni immateriali o capitali rilevanti. L’appalto di conseguenza è legittimo quando l’appaltatore si impegna al raggiungimento di un determinato risultato assumendosi il rischio economico d’impresa e operando con autonomia rispetto al committente. Nei casi in cui l’appaltatore impieghi capitali, macchinari e attrezzature dell’appaltante si presume l’assenza di autonomia organizzativa di impresa e non occorrerebbero quindi altre verifiche per stabilire l’esistenza della violazione del divieto di interposizione di manodopera.
Tanto ciò è vero che all’art. 4 del capitolato speciale d’appalto del bando CUP è previsto che: “i servizi oggetto del contratto verranno svolti con esclusiva organizzazione, responsabilità e rischio dell’operatore economico aggiudicatario…”.
Tale previsione però viene smentita all’interno dello stesso articolo da altre indicazioni :
• “pianificare le attività nel rispetto delle procedure stabilite dall’azienda”,
• “effettuare una supervisione sulla corretta applicazione delle disposizioni aziendali inerenti il servizio in oggetto”
• “attenersi alle direttive impartite dal RAS (ASL) per quanto concerne le modalità operative specifiche del servizio…”.
• all’art. 5 è stabilito che “l’Azienda, per il periodo di vigenza del contratto metterà a disposizione dell’aggiudicataria gli spazi, gli arredi attualmente in uso dalla ASL già adibiti allo scopo, attrezzature e materiale necessario al buon funzionamento…”.
Ora, appare evidente che le singole Aziende sanitarie operino in modo differenziato e con capitale proprio di diversa entità e che l’Arit (struttura in house della Regione) è stata delegata alla realizzazione del software per la gestione del servizio.
Pertanto dal bando sembra emergere l’assenza di autonomia organizzativa dell’aggiudicataria e l’utilizzo di spazi ed attrezzature (soprattutto per il back office) di proprietà delle ASL appaltanti.
Siamo del parere che uffici legali della ASL di Chieti, ma soprattutto l’Ispettorato del lavoro, dovrebbero verificare la legittimità dell’appalto così come configurato, anche perché oltre alla evidente sproporzione economica rispetto al bando della Regione Marche è da sottolineare che in quel caso tutte le attrezzature e persino la realizzazione del software sono a carico della impresa aggiudicataria in quanto la finalità è quella di realizzare un unico sistema regionale integrato mentre nel caso Abruzzo la realizzazione del sistema unico regionale (sovracup) è previsto, laddove possibile, in una fase successiva (premessa capitolato tecnico). Il bando di gara si è in tal modo ridotto nella semplice sommatoria delle richieste delle singole ASL che continueranno a gestire il servizio in maniera scoordinata e differenziata, pur in presenza di prestazioni e risultati analoghi e a costi non equiparabili.
Suggeriamo al manager della ASL di Chieti, Zavattaro di evitare difese aprioristiche sulla legittimità del bando e di prendere in considerazione, se tali rilievi dovessero essere confermati, la rimozione del Responsabile del procedimento che ha confezionato tale ginepraio nonché e di conseguenza le proprie dimissioni, per aver trasformato un bando enfaticamente denominato “centro unico prenotazioni” in un acquisto un tanto al chilo di servizi di call center.
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