Cos’altro deve fare un sindaco?
(di Stefano Leone) – Di solito lui si indigna. Così almeno afferma. Questa volta, però, non si è indignato. Questa volta è addolorato, mortificato e profondamente preoccupato.
Si è descritto così nella lettera che ha scritto al suo esimio compagno di partito. Il Primo Ministro Enrico Letta. Si, perché la lettera che Massimo Cialente, ha inteso scrivere al Presidente del Consiglio è una lettera che esprime tutta la propria amarezza e melanconica tristezza, nel constatare quanta poca attenzione il Governo centrale, riserva alle sorti della sua città ferita a morte. Dopo aver riconsegnato la fascia tricolore, (prendendosi anche la reprimenda del Presidente Napolitano), dopo aver ammainato le bandiere della sede civica, dopo aver preso randellate nella manifestazione fatta a Roma con i suoi concittadini, dopo tutto questo insomma, che altro deve fare un sindaco? Massimo, più e più volte ha urlato la sua disperazione, che è poi quella della sua gente.
L’ha urlata lungo gli alpeggi che, svalicando il lago del Salto, portano giù verso Tivoli e la pianura romana. Fino a far arrivare l’eco sotto i palazzi romani della politica. Ma nulla. Massimo ha avuto promesse, tante ma rimaste tali. Ha accolto, nella sua città smembrata, in questi quattro anni e mezzo, decine di ospiti in cerca dell’attimo fuggente, mai li ha cacciati. Cosa altro deve fare un sindaco per la sua comunità? Ora, dopo l’ennesima dimostrazione di quanto distratti siano i politicanti governativi romani, verso le sorti di una ricostruzione quasi mai nata, Massimo scrive, con toni che qualcuno ha aggettivato come mielosi e piagnucolosi.
Sono, invece, i toni di chi le ha provate tutte ed è stato deluso ancora una volta. “Venga lei a dirlo ai miei concittadini che la ricostruzione non si farà”, ha scritto Massimo al Premier. E va a finire che Letta ci andrà pure a L’Aquila. Ma lui, Massimo, che aveva promesso di smettere di fumare se la squadra di calcio avesse centrato l’obiettivo della vittoria di campionato e non ha mantenuto la promessa, una promessa, invece, vuole mantenerla: quel pezzo d’Italia che qualcuno vuol far scomparire, lui lo difenderà con tutte le forze disponibili. Ne “Il Gladiatore”, il Generale Massimo Decimo Meridio afferma, riferendosi all’esercito nemico germanico, che un popolo dovrebbe capire quando è sconfitto; al Massimo l’aquilano, a questo punto, dopo averle provate tutte, non rimane che dire alla sua gente: “Al mio segnale scatenate l’inferno”. Poiché il peggiore degli atteggiamenti è l’indifferenza, dire “io non posso niente, me ne infischio”, che a lui non appartiene. Così come non gli appartiene perdere una delle componenti essenziali che ci fa essere uomini, una delle componenti indispensabili: la facoltà di indignazione e l’impegno che ne è la diretta conseguenza. E tutto questo Massimo lo sa.
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