La politica come dottrina del possibile
“Invito tutti gli abruzzesi a Teramo all’inaugurazione dell’ultimo tratto del Lotto Zero. Sarà un grande giorno non soltanto per i teramani, ma per tutta la regione. Qualcosa di importantissimo, un evento che mette fine a una storia, quella del Lotto Zero, durata 25 anni. Il prossimo 29 ottobre dalle ore 11.00 le celebrazioni di rito. Sarà una grande festa”. Parola di Sindaco.
E’ Maurizio Brucchi, primo cittadino di Teramo a dire, anzi scrivere, neanche a dirlo, sulla sua pagina Facebook, l’annuncio che il Lotto Zero ha raggiunto il suo epilogo. E bene ha fatto il Sindaco ad estendere l’invito all’Abruzzo intero, anche se credo che, un cittadino di Schiavi d’Abruzzo oppure di Alfedena stenterà ad accoglierlo per ovvi motivi di distanza, bene ha fatto, dicevo, perché credo che, tutti i cittadini della regione, hanno letto almeno una volta, cosa sia il Lotto Zero e a quale città appartenga. Tanto è il tempo nel quale il progetto ha navigato e spesso arenato. E’ una delle decine e decine di opere pubbliche italiane che raccontano un’odissea inenarrabile.
La storia va avanti dalla fine degli anni 80. Tanti Sindaci, dunque, tante amministrazioni hanno visto la luce e sono tramontate e, il progetto sempre li. Errori, disagi, problemi a non finire e soldi. Tanti soldi pubblici. Ora siamo finalmente alla meta. E allora ecco che, la politica, brava come nessuno a mostrare lustrini e paillettes, esulta. Beninteso, il Sindaco Brucchi è l’ultimo anello della catena e, bene fa a raccogliere i frutti del lavoro svolto da quando è in carica ma, premesso ciò, credo che ci sia poco da esultare. Si esulta per aver raggiunto un traguardo di un’opera quasi trentennale, si esulta per aver raggiunto ciò che nella normalità delle cose dovrebbe avere un iter almeno dimezzato. Ma tant’è. Lacci, corde, sabbie mobili e gabbie della burocrazia portano a queste vergognose lungaggini di opere, che hanno un inizio e, spesso, neanche una fine. Giusto celebrare la soddisfazione della finitura di un’opera pubblica, ma altrettanto giusto sarebbe mantenere, in questi casi, una sobrietà necessaria poiché, un pizzico di vergogna dovrebbe accompagnare sempre questo meccanismo spesso messo su ad arte, nel far durare decenni opere che servono la collettività. Invece tutti pronti in prima fila con gemelli ai polsi e petto in fuori per la medaglia da appuntare.
Gli errori, i lunghi periodi di fermo, gli abbagli e i rimbalzi di responsabilità, i soldi spesi in più. Tutto dimenticato. Ora è solo il tempo della gloria. E’ solo il tempo che ad ognuno, anche coloro i quali quando l’opera vide l’inizio portavano i calzoni corti, si acchiappi il suo spicchio di merito e celebrità. E allora maestri di cerimonia, capi settore e segreterie tutti all’opera per far si che tutto, per quel giorno, sia perfetto. E lo sarà, ne sono certo. Tranne il fatto che, agli osanna, nessuno aggiungerà un pizzico di obiettiva onestà intellettuale, per dire che tanto si è sprecato e tanto si è speso, sia in termini di tempo che di denaro della collettività. La politica, d’altronde, non è una scienza esatta, ma è pur sempre la dottrina del possibile.
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