Tragedie e lacrime da coccodrillo


L’Aquila – (di Franco Taccia) – Da due giorni tutti i sistemi di pseudo/informazione al servizio di tutto e tutti tranne che del cittadino bombardato di falsità, non fanno altro che mostrare le immagini dell’ennesima tragedia davanti alle coste italiane. Tragedia doppia perchè colpisce chi cerca di fuggire dalla fame e dalle guerre e finisce per perdere quel poco che gli restava della propria vita a due passi da uno dei paesi che figura nei primi 10 posti nel mondo fra le imprese produttrici di armi, intorno al nono fra i paesi che le esportano, terzo considerando l’unione europea, dietro Francia e Germania e addirittura davanti alla Gran Bretagna.
Snocciolare cifre non serve perchè basta uniformarsi, e volendolo fare c’è l’imbarazzo della scelta, con le migliaia di resoconti dettagliati in materia ma è doveroso ricordarne qualcuna, che fa letteralmente rabbrividire e che dovrebbe provocare la vergogna di cui Il Papa, tra i pochi a farlo con sincerità, ha parlato.
Nel 2011, l’anno della Primavera araba, solo da una nostra provincia del Nord sono state esportate in Nord Africa armi e munizioni per un valore complessivo di 6,8 milioni di euro, mentre ai paesi del Medio Oriente sono finite armi per 11 milioni di euro.
E senza il sistema finanziario e bancario internazionale non sarebbe possibile l’esistenza del complesso militare industriale, non reggerebbero le produzioni, le transazioni e le esportazioni. E le industrie belliche, senza le banche che fornendo la linfa con l’acquisizione di sempre più imponenti pacchetti azionari, offrono le necessarie anticipazioni e le coperture all’export, potrebbero solo sognarsi di mettere in movimento questa catena di affari.
Mandiamo armi in Algeria, a Singapore, in India, Turchia. E il continente africano, martoriato da decenni di sfruttamento e di guerre sembra diventato una delle mete preferite per tutta la nostra “pacifica” produzione, dalle armi leggere verso il Camerun e la Somalia fino alla Libia, al Marocco, alla Nigeria per carri armati, caccia ed elicotteri.
Poi dopo le scene della gente affogata tocca assistere alle lacrime di coccodrillo dei nostri politici, sempre pronti a sparare raffiche di banalità, accompagnati dai rappresentanti della U.E. che scorpono adesso la portata del dramma, che esiste da decenni e che i paesi europei contribuiscono a realizzare.
Secondo gli studi sulla spesa militare mondiale pubblicati da un autorevole centro di ricerca per la pace con sede in Svezia a Stoccolma, nel 2011 sono stati spesi a livello mondiale quasi 1750 miliardi di dollari in sistemi d’arma, e pare si tratti della cifra più alta mai spesa dal 1989, anno della caduta del muro di Berlino. Come dire che per le guerre si spendono, anzi si spendevano, ogni minuto 3,3 milioni di dollari, ossia 198 milioni l’ora o 4,7 miliardi al giorno, l’equivalente di 250 dollari all’anno tolti ad ogni essere umano della terra. In Africa con una cifra all’apparenza ridicola come questa, milioni di bambini potrebbero sfamarsi, curarsi, studiare, vivere.
E vengono a morire qui, davanti a casa nostra dove qualche ministro ha avuto il coraggio di affermare che tocca “armare” la pace e Alfano ha pensato bene di far la voce grossa con i paesi della U.E.
Si parla di corridoi umanitari, niente meno. Come dire che a destra passano le bombe che vendiamo ai paesi Africani e a sinistra quelli che da quelle bombe scappano, e non per venire a vedere dove le hanno fabbricate.


04 Ottobre 2013

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