Giuliano, un signore d’altri termpi
L’Aquila – (di G.Col.) – (Foto: Gemma quando compì 70 anni e uno dei magnifici scenari a Campo Imperatore del film Il Deserto dei Tartari) – Tutto non durò più di 10 minuti. Faticosamente e grazie ad una raccomandazione (ne occorrono spesso nella vita…) riuscimmo ad avvicinarci in auto, a Campo Imperatore, al set del film “Il deserto dei Tartari”, dal romanzo di Buzzati, regia di Valerio Zurlini, fotografia di Tovoli, musiche di Morricone, molti grandi attori. Una specie di concentrato di celebrità per un film diretto da un grande maestro: Zurlini. Allora, per chi amava e seguiva il cinema come noi facevamo, pensare di avvicinare Zurlini per un’intervista era un’ambizione.
Invece, a Campo Imperatore, non ci consentirono di avvicinare nessuno, neppure Gassman che ci sarebbe piaciuto sentire. Il caso volle che il solo a tiro fosse un giovane attore dal viso da antico romano, robusto, ben portante, ma allora non ancora una celebrità . Giuliano Gemma. Nel film aveva il ruolo del maggiore Matis, uno dei militari che presidiano per una vita una fortezza affacciata su un deserto, aspettando i Tartari, mitico e temuto nemico. Ognuno sogna la sua gloria, ma i Tartari non arrivano e il tempo trascorre. I soldati bruciano i loro giorni guardando il deserto. Quando i Tartari arrivano davvero, per quasi tutti loro è tempo di pensione o di congedo. Sogni di gloria in fumo. Un’allegoria della vita, un gran romanzo e un gran film. Uno dei tanti girati sul Gran Sasso, di cui L’Aquila si è dimenticata cancellando anche questo suo fortunato momento di notorietà che avrebbe potuto farne la città del film, il set ideale.
Niente di niente.
Gemma scese da un’auto che arrivò dalla direzione di Castel del Monte verso il set, e si lasciò avvicinare. Non sapevamo cosa chiedergli, perché, appunto, non era ancora una celebrità . Fu ugualmente una piacevole chiacchierata sul Gran Sasso e sul freddo che faceva anche in estate. Parlammo del più e del meno, lui cortese e signorile. Un personaggio d’altri tempi, del tutto avulso dal mondo spocchioso e pasciuto di alterigia in cui abita tanta gente del cinema e del teatro. Era sorprendente la gentilezza nei modi di quel tipo vigoroso e atletico, che faceva pensare al bullo dal volto gentile. Invece, era alla mano, asciutto, simile a se stesso in tanti film. Indimenticabile la sua voce unica, il suo accento poco romanesco che gli dava distinzione. Disse che non era mai stato nell’Aquilano e tanto meno lassù nel cuore sorprendente del Gran Sasso. Ci sarebbe tornato per conto suo, mormorò. Chi sa se lo ha mai fatto.
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