Il letto di Incerulae è nostro, ma chi l’ha visto?


L’Aquila – (di G.Col.) – UNO DEI TANTI SPLENDIDI REPERTI CHE CI APPARTENGONO, MA SONO ALTROVE – (Foto: un depliant sul letto di Incerulae esposto solitamente a Roma) – Il vecchio sogno-imbroglio di un museo archeologico a L’Aquila (strombazzato per anni e anni, in parte localizzato in centro, ma naturalmente mai aperto e oggi definitivamente perduto) assume concretezza, ma per poche ore. Il letto di osso (ma anche legno e pelli di animali trattate) trovato per caso a Naverlli, nel 2007, è al palazzetto dei Nobili e in tanti lo scoprono. Non l’avevano mai visto, e come altre decine di reperti simili trovati negli scavi archeologici attorno a L’Aquila. Nessuno ha potuto mai vederli, eppure appartengono alla città e alla sua sontuosa ricchezza archeologica rivelatasi diciamo negli ultimi 15-20 anni. De3cine di siti risalenti ad epoche remotissime, tra il X secolo a.C. e l’epoca romana, ben conosciuta da sempre.
Gli oggetti trovati sono in parte di origine sabina (l’area a Nord dell’Aquila, dove si trova Amiternum), in parte di origine vestina, ovvero la parte a sud della città, lungo l’altipiano di Navelli, verso Capestrano e oltre le montagne, verso Penne.
Il letto che è esposto (apertura anche oggi e stasera fino a mezzanotte, ottima iniziativa della sovrintendenza ai beni culturali) è del II secolo dopo Cristo. Opera d’arte di stile ellenistico, cioè molto evoluta, classica, da gente ricca che abitava nella città di Incerulae, ovvero l’odierna Navelli. Appartenne ad una giovane signora morta prima dei 40 anni. Questo dicono gli studiosi.
Di letti del genere, solo per citare questo tipo di reperti, ce ne sono decine, tutti trovati nell’Aquilano: nessuno sa dove si trovino, nessuno ha mai potuto ammirarli, se non in occasioni speciali. Quello di Navelli è stato esposto a Roma, dove tornerà dopo il 1 ottobre. L’Aquila non ha un sito, un museo adeguato, un luogo in cui poter tenere mostre almeno periodiche, ma sufficienti a mostrare alla gente l’enorme patrimonio spuntato (spesso per puro caso) dal sottosuolo, in un’area in cui fiorì per quasi 10 secoli una civiltà di cui sapevamo poco o nulla, fino agli scavi di Vincenzo D’Ercole.
Aiutato, talora, anche dalla serendipità: il letto di Incerulae spuntò tra le pale degli scavatori e i delicati utensili degli archeologici nel 2007, quando si lavorava per il discusso raddoppio della ss.17. Peraltro mai completato.


29 Settembre 2013

Categoria : Cronaca
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