L’Aquila dov’era, ma non più com’era: un piano per mobilità sostenibile e metro
L’Aquila – Ci vorrà tempo, ma i soldi, almeno in parte, ci sono: 300 milioni. E le idee pure, che sono spesso quelle che mancano insieme con la capacità di prevedere e progettare ex novo, su realtà diverse e – come nel caso del cratere sismico – stravolte. Questa mattina è stato presentato il “piano provinciale per la mobilità sostenibile” con le relative azioni di integrazione e potenziamento delle infrastrutture. Il tutto nella prospettiva della ricostruzione in atto, che è definita leggera perchè riguarda case e scuole, uffici e sedi di servizi essenziali, ma sarà prima o poi anche pesante: la riedificazione della città nel suo insieme. Negli anni, naturalmente.
In attesa del futuro, però, migliaia di persone e sopratutto chi abita e abiterà nelle venti new towns attorno alla città , debbono muoversi e oggi, come ha detto la presidente della Provincia, è più facile raggiungere Avezzano che spostarsi da Sassa a Bazzano: situazione impossibile, che ognuno vive ogni giorno, in un contesto convulso, incoltrollato, spesso anche selvaggio e nervrotico. E allora, bisogna sbrigarsi.
La Provincia aveva progettato un succoso piano di mobilità prima del terremoto, incontrando la disponibilità della Regione, dell’Anas, delle ferrovie e dello Stato. Poi c’è stato il 6 aprile e quel piano, davvero intelligente, riemerge e diventa assolutamente essenziale. “Il nostro piano – ha detto l’assessore Pio Alleva – aveva una valenza prima, ne ha una ancora maggiore oggi, e le risorse ci sono: 200 milioni da decreto terremoto, altri 100 per interventi sulle linee ferroviarie”. Quando i tecnici della Provincia cominciarono a elaborare il piano, potevano paragonarsi a tanti Don Chisciotte che i più considerravano dei visionari. Bisogna ricordare che L’Aquila, negli ultimi decenni, non ha saputo neppure darsi un piano traffico urbano: ha speso tesori per pagare fior di ingegneri, anche locali, che hanno riempito chilometri quadrati di scartoffie con i loro disegni. Mai niente di concreto ne è venuto fuori, tranne che i saldi delle parcelle. Sontuosi, spesso.
Credere che dei tecnici provinciali riuscissero a mettere in piedi un piano di mobilità ben più vasto era da pochi. Tra questi pochi, la presidente Pezzopane: “Lei – ha detto Alleva – ci credette”. Poi ci hanno creduto le altre istituzioni e lo Stato. Intanto a L’Aquila andava in pezzi con un botto spaventoso la metropolitana di superficie, con una montagna di milioni di euro. Un progetto definitivamente mandato in soffitta non prima di aver provocato danni spaventosi.
La metropolitana? Ce l’abbiamo, dicevano i tecnici provinciali: è la ferrovia L’Aquila-Sulmona. Basta adattarla alle esigenze di quartieri, contrade nuove e vecchie, concepire un raccordo con la viabilità e con altri mezzi di trasprto pubblico. La città avrà la sua metropolitana “senza impatti ambientali, ponti, montagne, viadotti, tunnel” ha detto la Pezzopane e ci collegheremo con la Valle dell’Aterno, la Subequana, la Valle Peligna. Interventi migliorativi tra Sulmona e Pescara apriranno le porte verso l’Adriatico, senza trascurare l’Alto Sangro: la provincia dialogherà e la città respirerà ”.
Il terremoto ha accresciuto le esigenze e anche accelerato la partecipazione delle istituzioni, il problema dei trasporti è emerso prepotente, quello della mobilità soffocante. La novità più positiva è proprio questo dialogo tra le varie componenti della provincia aquilana, nel comune interesse. Riuscire a modificare la politica ristretta e campanilistica di un tempo, per convincere tutti che gli interessi e i problemi sono comuni, è stato ed è il significato politico più rilevante. Giungere a risultati concreti oggi, nello sforzo di ricostruire eliminando gli errori, i limiti del passato, per rispondere ai nuovi problemi, è un risultato eccellente. “L’Aquila sì dov’era, ma non com’era” ha detto la Pezzopane. Ridateci la città e il suo centro storico, è uno slogan sacrosanto, ma prepariamoci ad accettare la “nuova” città così come sta rinascendo, cioè tre volte più estesa, con quartieri satelliti a decine, flussi di traffico mai visti prima, strade comunque insufficienti, anche se il Comune dice di voler realizzare interventi per 10 milioni. Ma i fatti dicono che la bretella di Pile è ancora chiusa… (Nella foto: Un’immagine del convegno sulla mobilità nella sede ANCE)
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