Sorprendenti Vestini, 3.000 anni fa bazzicavano l’Adriatico abruzzese
L’Aquila – (di Gianfranco Colacito) – (Foto: in evidenza i batacchi adriatici, sotto l’articolo su Archeologia Viva e due decorazioni di un letto in osso trovato a Bazzano) – Tra “abruzzesi” di 3.000 anni fa c’erano già scambi e rapporti. Altro che i tre Abruzzi ottocenteschi. Ce lo rivela l’archeologia. Quella archeologia che, nelle mani dei veri esperti, degli autentici costruttori di sapere, diventa uno scrigno di storie, ma soprattutto di sorprese. E mai quanto oggi, troviamo conferma del fatto che potrebbe essere (e un giorno, speriamo, sarà ) la nostra vera potente risorsa economica. Volendo trascurare l’aspetto culturale, che pure è la chiave di volta di ogni forma di sviluppo. Se c’è cultura ben coltivata, e ben offerta, c’è turismo, e il turismo porta soldi. Semplice. Ma solo in teoria. In Abruzzo, infatti, il turismo è una strada poco percorsa, una mulattiera sassosa e fangosa. Lasciamo andare e parliamo d’altro, stavolta: di cose belle.
La rivista Archeologia Viva ha dedicato diverse pagine e immagini (che vedete riprodotte a corredo di questo articolo) ai Vestini, remotissimi nostri progenitori che dall’undicesimo-decimo secolo avanti Cristo (3.000 anni fa, più o meno una trentina di secoli…) abitavano l’Aquilano.
Il territorio dell’odierno capoluogo abruzzese (che ovviamente non c’era, essendo una città fondata nel medio evo) era diviso tra i Sabini (a nord, con centro originario Teora di Barete nella valle dell’Aterno, secondo studi di Vincenzo D’Ercole), e i Vestini, etnia formatasi da genti originarie di Capestrano, Navelli e altri centri più prossimi alla odierna conca aquilana. Sempre Vestini erano anche gli abitanti dell’altro versante del Gran Sasso, area di Penne.
Nell’articolo, scritto da Vincenzo D’Ercole, Alberta Martellone e Giuseppe La Spada, l’esordio è suggestivo: “Agli inizi dell’età del ferro…”. Come dire 1.000 anni prima di Cristo. Settecento prima della fondazione di Roma. Da quei tempi remotissimi e precedenti la luce dell’Urbe, dalle nostre parti vivevano, combattevano, allevavano animali, fabbricavano armi, si dedicavano all’arte e alla decorazione genti molto progredite.
La testimonianza più cospicua proviene dalla necropoli di Bazzano, periferia odierna dell’Aquila, una delle più grandi mai scavate, con oltre 1.500 tombe scoperte e analizzate. Qualcuno ne sa qualcosa? Zero assoluto. Un sito archeologico di immenso valore, ma del tutto sottratto ai visitatori. Del resto, ciò non deve stupire. Solo da pochissimo, e grazie al volenteroso comune di Fossa, è visitabile l’altra straordinaria necropoli che ebbe l’onore della copertina su National Geographic, quella eccezionale di Fossa, appunto. Roba da lasciare a bocca aperta qualsiasi turista colto, soprattutto straniero, visto che gli italiani tra Maria De Filippo in Tv e l’archeologia, non hanno dubbi: sono per la De Filippo…
Da Bazzano, rivela Archeologia Viva, arriva la prova provata dei contatti tra Italici della zona interna montuosa aquilana, e le genti dell’Adriatico. Questa prova è un oggetto ornamentale in bronzo, appartenente al corredo funerario della tomba infantile 1.147 del sesto secolo a.C.: si tratta di due piccoli batacchi in bronzo. Per gli archeologi non c’è dubbio: ornamenti del corpo tipici dell’area costiera medio-adriatica. Ma trovati a Bazzano, dove qualcuno si aveva portati e donati e dove sono finiti in una tomba 2.700 anni fa, mentre Roma cominciava ad essere un villaggio di capanne (destinato ad un avvenire piuttosto importante…). Di traccia vestina era, ad esempio, Città S.Angelo, e forse proprio da quelle parti arrivarono i batacchi di bronzo.
Altri oggetti trovati nelle necropoli confermano i rapporti con l’Adriatico, e in epoca più tarda, persino con i Greci e forse gli Etruschi. La presenza di maestri di cultura ellenistica è sicura: basta guardare la squisita perfezione delle decorazioni nei letti di osso, trovati a decine tra Bazzano e Fossa. Forse un centinaio. A proposito, dove sono finiti e dove sono osservabili e ammirabili? L’Aquilano non avrebbe diritto di averne almeno alcuni in qualche ben attrezzato museo?
La nostra magnifica archeologia preromana, italica, che dipinge secoli di storia appena vent’anni fa del tutto ignota, non ci appartiene. Eppure, sono stati preziosi gli studi e gli scavi – nell’Aquilano – di un grande specialista come Vincenzo D’Ercole, che ha riportato alla luce decine e decine di siti in tutto l’Aquilano. Il vecchio progetto della “via Vestina”, un superbo itinerario archeologico dall’Aquilano al Pescarese, costruito e sostenuto da Stefania Pezzopane ai tempi del Ministro Rutelli, è dimenticato. Oggi siamo soffocati dalla crisi, i soldi mancano, forse anche buone idee e cultura sincera. Abbiano la ricchezza a portata di mano, tendiamo le mani ma non riusciamo a toccarla. Recessione? Non è solo economica. E’ culturale, soprattutto.
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