Coppa G.Sasso e motorismo aquilano
L’Aquila – (di ENRICO CAVALLI) – (Foto: manifesto storico, un’Alfa Soffio di Satana e una Giulietta del ’62) – E’iniziata la Settimana motoristica aquilana culminante nella rievocazione ennesima della Coppa Gran Sasso per auto di interesse storico. In queste giornate, in varie locations cittadine, molti sportivi e semplici curiosi hanno potuto ammirare, meticolosamente messi a nuovo da cultori del settore, tanti veicoli d’epoca alcuni dei quali rappresentano un pezzo importante della vicenda motoristica aquilana.
Questa storia gloriosa parte (è il caso di dire!) dalle locali soggettività impressionate dai raids alla scoperta degli Abruzzi su due e quattro ruote promossi da intellettuali come Ettore Janni, Carlo Levi e Gabriele D’Annunzio e che furono il compendio nel 1903 della Esposizione agraria, industriale ed artistica di Aquila. Dopo la Grande guerra, sullo sfondo di un regime che manifestava più interesse al motorismo che al ciclismo socialisteggiante ed altri tradizionali sports, in adesione alla ideologia futurista, sorse il locale Real Automobil Club d’Italia a merito dell’albergatore Amedeo Capranica. Così, saranno fautori, i centauri aquilani Rossi, Falli, Fiamma del circuito di Preturo nel 1924 da ripetere dieci volte, paragonabile a quello famoso della britannica isola di Man. Dall’esordio dell’equipaggio aquilano di radio rally alla gara celebrativa dell’EIAR., composto da Leosini, Marinelli e Scipioni, si passa agli assi cittadini del volante Capranica, Ognibene, Camerini, Chiodi, Frasca, Zaffiri che ispirati al circuito di Collemaggio nel 1926 dalla velocità del mitico Tazio Nuvolari, istituiranno la Coppa Gran Sasso in competizione all’aprutina targa “Tito Acerbo”, seconda in Italia solo alla sicula”Florio”. Alla prima edizione nel 1929 della Coppa Gran Sasso, sotto le implicazioni di crescita turistica della Grande Aquila, parteciparono 25 piloti di spicco divisi in classi oltre 1100 cc., tra cui D’Annunzio sul bolide della Ansaldo e, alla fine trionfarono Benigni su FIAT., 509 e la OM., di De Vincentis mentre il Vate fu diciassettesimo nella delusione che gli sportivi che si rifaranno nel 1932 quando a vincere fu Piero Taruffi su Alfa Romeo disegnata da Enzo Ferrari. Quella che fu intesa come una piccola Millemiglia abruzzese dove si distinguevano i piloti aquilani Fiamma e Sabini nell’autarchia cessava per le minori contribuzioni locali e regionali.
Con la Liberazione, il patrocinio politico dei Lopardi e Natali ed economico degli impresari rocchigiani Cidonio, ridiedero vigore al circuito di Collemaggio fino al 1958 gara del Gran turismo italico, quindi, vetrina di vetture Lamborghini, Maserati, Ferrari e scuderie straniere. Questi aneliti di riconoscimento nazionale da parte dell’automobilismo aquilano sotteso ad una sua effimera scuderia, rispondevano al clamore regionalmente suscitato dalla FIA., che scelse nel 1957 per la Formula1, l’ex tracciato pescarese della Coppa Acerbo. Negli anni’60, col boom della motorizzazione di massa, una tradizione automobilistica inscritta nella vicenda cittadina si rinnova nella benedizione dei piloti e macchine a latere delle manifestazioni della Perdonanza. Dalla metà anni Settanta, ridestano sopiti entusiasmi le cronoscalate delle Rocche e Popoli ed i tentativi alla Parigi-Dakar, dei rallysti Abbandonato, Casciola, Del Cotto, Totani senza contare la formula3 di Gasbarri, il kartodromo di Ricci ad Ocre ed il motociclismo di Ermanno Rossijr.. Sull’abbrivio degli anni 2000, le soggettività vicine all’ACI., ed i circoli privati a due e quattro ruote del capoluogo abruzzese dei De Rubeis, D’Antonio, Passacantando, Miconi, di rimando alle gesta dei piloti adriatici Liuzzi, Trulli, Iannone, rievocano il passaggio per L’Aquila della mitica Millemiglia e trofei per auto e moto storiche al Gran Sasso, laddove, a Fonte Cerreto si pone la stele a memoria del giovane centauro Simoncelli. Proprio dal coltivare dei pregnanti trascorsi a quattro e due ruote in definitiva, passa il rilancio della vicenda motoristica aquilana con un ruolo per la stessa visibilità del processo di ricostruzione comprensoriale.
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