Morte Barrucci, ancora un mistero


Chieti – Riceviamo: “Pongo alla Vs. attenzione un caso giudiziario sul quale gradirei che vengano riaccesi i riflettori dei media, non solo per ragioni affettive, ma anche per autentico senso di giustizia, avendo la forte percezione che gli attuali protagonisti della vicenda siano intenzionati a risolverlo all’italiana o, peggio, alla teatina. Confido nella Vs. integrità professionale e nella Vs. sensibilità”.
LA MORTE DELL’AVV. BARRUCCI ANCORA AVVOLTA NEL MISTERO. – DA NOVE MESI SI ATTENDONO GLI ESAMI AUTOPTICI E’ morto il 5 dicembre 2012. I familiari ancora in angoscia e indignati
Non sanno consolarsi i familiari e soprattutto la sorella Pasqualina, per la morte, ancora avvolta nel mistero e nell’oblio, dell’avvocato Roberto Barrucci avvenuta dopo un ricovero al Pronto Soccorso dell’Ospedale Clinicizzato “SS. Annunziata” di Colle dell’Ara di Chieti.
Era il 5 dicembre 2012 quando, verso le 3,30 della notte, Roberto Barrucci (padre di due ragazze, una minorenne), è giunto al Pronto Soccorso in preda ad un malessere al petto che i sanitari non hanno saputo interpretare, tanto da ricoverarlo, senza diagnosi, in “Osservazioni Brevi”, un distaccamento del Pronto Soccorso, privo di autonomo personale medico e infermieristico, fino a quando, alle 7,30 del mattino, l’avv. Barrucci, a 59 anni di età, è deceduto.
Dopo poche ore dal decesso, sono sopraggiunti i familiari tra i quali la sorella Barrucci Pasqualina e il nipote Avv. Marco Ciammaichella il quale, allarmato dall’ambiguo e reticente contegno di alcuni medici, nella stessa mattinata, dopo un colloquio con il Procuratore della Repubblica preso il Tribunale di Chieti, Dott. Pietro Mennini, ha presentato un esposto, al fine di far luce sull’incresciosa vicenda ed individuarne i responsabili.
Già da un sommario esame della cartella clinica, è emerso che l’Avv. Barrucci, nelle oltre 4 ore in cui è stato assistito (per così dire) dai medici del Presidio Ospedaliero, non è stato sottoposto né ad un’eco-cardio né ad un’angio-tac, finalizzati ad escludere un’eventuale aneurisma dell’aorta, benché vi fossero indizi, clinici e diagnostici, che avrebbero dovuto indurre i sanitari ad eseguire precauzionalmente tali esami. Difatti, l’esame autoptico eseguito dal consulente della Procura, Dott. D’Ovidio, il 07.12.12, pare abbia dato finalmente una causa alla morte: aneurisma dell’aorta, appunto!
“Io sono in angoscia da allora – confida la sorella Pasqualina Barrucci, funzionaria dell’Università “G. d’Annunzio” in pensione – perché non siamo stati messi nemmeno nella possibilità di conoscere quando e com’è morto mio fratello … se l’avessero tenuto sotto osservazione e non l’avessero abbandonato in una stanza isolata di un finto reparto, senza medici e infermieri fissi, lo avrebbero potuto salvare e questo non ce lo possiamo perdonare”.
Il tarlo che tormenta le coscienze dei familiari dell’Avv. Barrucci, risulta essere confermato, a detta degli stessi, da ciò che è accaduto successivamente. A seguito del fatto del 05.12.12 e della susseguente tempesta, mediatica e giudiziaria, il protocollo del Pronto Soccorso, per i casi analoghi a quelli dell’Avv. Barrucci, sarebbe stato attuato in maniera più rigida e puntuale, prescrivendo, cioè, ai pazienti con gli stessi sintomi del compianto Roberto, esami strumentali più approfonditi, tali da escludere un’eventuale aneurisma o patologie similari.
Anche l’avv. Marco Ciammaichella, che segue il caso, unitamente ad altri difensori e consulenti, non nasconde le proprie perplessità e, anzi, alta ulteriormente il tiro: “Sì, perché quella notte del 5 dicembre 2012, non è stato fatto tutto quello che prevede la prassi medica, sono stati sottovalutati i sintomi, omettendo di eseguire i necessari approfondimenti diagnostici (ecocardio e angiotac) che avrebbero permesso immediatamente ai medici di diagnosticare l’aneurisma dell’aorta e di programmare un intervento d’urgenza che, se praticato correttamente, avrebbe potuto salvare la vita di mio zio. La lacerazione dell’aorta, secondo vari cardiologi e cardiochirurghi da me interpellati, non fu dirompente ed istantanea, come qualcuno (?) ha velatamente lasciato intendere per giustificare le gravissime omissioni dei sanitari, prova ne è che il malessere si manifestò sin dal pomeriggio del 05.12.12 e che, ciò nonostante, mio zio riuscì a recarsi al Pronto Soccorso autonomamente (con la propria auto) e vi rimase ricoverato per più di 4 ore, riuscendo a inviare videomessaggi e sms al cellulare, pochi minuti prima di spirare”.
Segnala l’Avv. Ciammaichella come il Pubblico Ministero, Dott.ssa Ponziani, avesse concesso al proprio consulente un termine di 90 giorni per il deposito della relazione, sennonché, a tutt’oggi (a distanza di quasi 9 mesi), tutto tace. “Abbiamo il fondato timore – aggiunge l’Avv. Ciammaichella – che l’elaborato possa essere depositato nel periodo feriale, quando il confronto dialettico con i consulenti e i difensori risulta inevitabilmente più complesso, se non addirittura impossibile. Tale congiuntura sembrerebbe avallare i dubbi suscitati al momento della designazione del consulente che, sebbene goda della mia incondizionata stima, è pur sempre dipendente dell’Università G. D’Annunzio di Chieti, parte integrante ed essenziale dell’Ospedale Universitario Clinicizzato e della stessa ASL di Chieti”.
E Pasqualina Barrucci, senza trattenere la commozione e le lacrime esclama: “Io sono anche indignata per questa situazione che mi rende poco fiduciosa sulla neutralità ed efficienza della giustizia. Sembra quasi di combattere contro poteri oscuri che vogliono insabbiare tutto. Certo nessuno ci ridarà Roberto, ma almeno vorremo trovare la pace del cuore, conoscendo la verità sulla sua morte”.
E non si può che darle ragione”.


12 Settembre 2013

Categoria : Cronaca
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