Lucio invisibile e traslato


(Di Carlo Di Stanislao) – Su Battisti si è scritto e detto molto, soprattutto sull’ultimo periodo, quello plumbeo e difficile, sulle motivazioni lo indussero ad un così categorico isolamento, dopo che, nel 1975, cercarono di rapirgli l’unico figlio Lucio, favorito certo dal suo carattere, ma incentivato dalla moglie, donna volitiva e chiusa, a volte ombrosa e su cui si sono versati molti veleni.
Verosimilmente su un’ indole già naturalmente schiva, si è innestato il fastidio profondo di sentirsi spesso frainteso e oppresso dall’attenzione morbosa di certa stampa che, tra l’altro, pretendeva di dare un’interpretazione politica del fenomeno che lo riguardava. Ad esempio il mito del Battisti fascista, una convinzione scaturita dai dogmi post-sessantottini, che lo ha accompagnato lungo tutta la sua carriera, in quegli anni in cui si usava penalizzare l’individualismo marchiandolo come incorreggibile deviazionismo di destra, mentre lui percoreva una via solitaria che, dopo l’esperienza di Mogol e la frazione di “E già”, con i testi della moglie Grazia Letizia Veronesi, dal 1986 e da “Don Giovanni”, grazie alle parole di Pasquale Panella, espriomono un universo criptico, allusivo, metaforico che si chiuderà nel 1994, con pubblicazione proprio a settembre, il 29, di “Heghel”.
Poche settimane fa è uscito, per Salani, “Io e Lucio Battisti”, libro di ricordi e sagaci riflessioni di Pietruccio Montalbetti dei Dik Dik, grande amico del cantante di Poggiobustone, morto 15 anni fa e vero mito della canzonetta contemporanea. Montalbelti (come altri), ci raccontano un Lucio timido e desideroso di starsene appartata, con un carattere deciso, brusco e sbrigativo, ma schivo e ben cansepovole del proprio talento. Il genio di Battisti viene raccontato attraverso gli attimi vissuti al fianco del chitarrista, all’inizio delle loro carriere, con un rapporto reso ancora più forte dall’affetto ricevuto da Battisti dall’intera famiglia Montalbetti, dalla madre che lo ha sempre considerato come un figlio, al padre taciturno che il cantante riusciva, solo lui, altrentato parco di parole, a far sorridere.
Un genio solo applauduito e comunque soltanto parzialmente compreso, Battisti, in vita ed ora in morte, oggetto più di rituali che di autentici affetti.
Oggi, 6 settembre, con “Emozioni” , Tito Schipa (non l’attore e tenore morto nel ’65, ma il giovane cantante salentino) ricorda Lucio Battisti,con uno spettacolo sul filo della memoria tra le immagini e le esecuzioni originali dell’artista e i suoi successi discografici interpretati da giovani talenti musicali leccesi.
Fra tre giorni, il 9 settembre (in un mese che Battisti ricordava spesso nelle canzoni per sé e per gli altri), saranno esattamente 15 anni da quando è morto, tumulato a Moleno, piccolo borgo del lecchese, dove viveva e dove era stato sepolto.
Era, perché, spiegano al Comune, la salma dell’artista sarà traslata oggi, con destinazione top secret e, anche senza che ve ne sia conferma, con la possibilità che le sue spoglie possano essere cremate a Como.
Ci sono in ballo anche altre ipotesi: tumulazione a Roma, dove vive la moglie o Rimini, dove abita il figlio, oppure non è da esludere che la moglie, Grazia Letizia Veronese, o il figlio Luca, possano ottenere dal rispettivo Comune di residenza il via libera a conservare nella propria casa un’urna sigillata con le ceneri.
Se quest’ultima ipotesi dovessi diventare realtà, migliaia di fan non avrebbero mai più una tomba per rendergli omaggio.
Ben inteso, una tomba non è che un simulacro eppure sappiamo, non solo grazie a Foscolo, quanto bene fanno i simulacri se conservano ricordi importanti.
Sabato prossimo, comunque, a tre lustri dalla sua scoparsa dal mondo visibile, a Cerisano, in provincia di Cesena, i più significativi protagonisti dell’attuale scena cantautorale italiana, calcheranno lo stesso palco su cui lui si esibì, negli anni ’70, poco prima di abbandonare le scene e gli renderanno omaggio cantando le canzoni che concepì nel periodo emotivamente più difficile, ma creativamente felicissimo: gli anni ’70.
Un decennio importantissimo, che segna il ritiro definitivo di Battisti dalle scene, la decisione di eclissarsi definitivamente dal suo profilo pubblico e contemporaneamente il trionfo del sodalizio con Mogol, che darà vita ad una sequenza inarrestabile di canzoni-capolavoro.
Simbolo di tutto questo è un anno in particolare, il 1972 in cui Battisti incide un album memorabile: “Il mio canto libero” ed un singolo manifesto “Confusione”, ma soprattutto matura dopo aver registrato la sua ultima partecipazione ad una trasmissione radiofonica: Supersonic, di allontanarsi definitivamente da una dimensione che stava completamente risucchiando la sua vita privata.
Da quel momento pubblicherà solo dischi, splendidi dischi, che ne faranno il centro dell’olimpo della musica leggera italiana.
A ben vedere Lucio se ne è andato da tanto tempo, traslandosi in pura voce , rinunciando alla immagine più di 40 anni fa, ma lascindoci per sempre una messe smisurata di suggestioni, che non hamnno bisogno né di un volto né di un simulacro.


06 Settembre 2013

Categoria : Cronaca
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