Se chiude il cementificio sono guai
Scafa – DECINE DI PICCOLE IMPRESE VIVONO NELL’INDOTTO – (Foto: Maurizio Giancola, sindaco di Scafa) – Se sbaracca lo storico cementificio di Scafa, non vanno in pezzi solo i lavoratori direttamente dipendenti, ma anche decine di imprese dell’indotto che lavorano nell’autotrasporto, nella manutenzione e nelle cave. Con il risultato che centinaia di famiglie potrebbero perdere il proprio reddito. Un drammatico effetto domino che metterebbe in ginocchio una vasta area della Val Pescara, già di suo in grandi difficoltà .
Esprime preoccupazione la Cna di Pescara, che rivolge un appello alle istituzioni locali ed alla Regione per la ricerca di una positiva soluzione, sulla crisi dello stabilimento Italcementi di Scafa, presidio la cui proprieta’ ha annunciato nei giorni scorsi la chiusura della struttura della Val Pescara. A detta del presidente della confederazione artigiana, Riccardo Colazilli, che chiede “senso di responsabilita’ al gruppo industriale”, “l’allarme generato dalla perdita diretta di posti di lavoro rischia di far passare in secondo piano, agli occhi della pubblica opinione, il destino incerto che si apre per decine di piccole imprese che vivono, con le loro attivita’, proprio dell’indotto generato dall’Italcementi”. “Secondo dati in nostro possesso – prosegue – ci sono almeno venti aziende di trasporto, riunite nel Consorzio di trasportatori artigiani, il ‘Cta’, che prima caricavano quotidianamente materiale nella fabbrica di Scafa, costrette gia’ a dirigersi in provincia di Roma, a Colleferro, nell’altra struttura del gruppo, per caricare i propri mezzi. La distanza coperta tra Scafa e il Lazio, ovviamente, non viene riconosciuta nelle spese di trasporto; con il risultato di rendere l’attivita’ diseconomica, e concreto il rischio di doversi trasferire o abbandonare l’attivita’”. Stesso discorso riguarda le aziende impegnate nella manutenzione, che arrivano a impegnare, soprattutto nei periodi di fermo, anche decine e decine di dipendenti: altri posti, questi, messi a rischio dall’annunciata chiusura. E non e’ difficile immaginare che stessa sorte subiranno i dipendenti delle cave nelle quali l’Italcementi si e’, sin qui, approvvigionata di materie prime.
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