L’Abruzzo? Selvatico e rincoglionito
E’ molto triste la lettera che la scrittrice Dacia Maraini ha scritto al direttore del Centro. In sostanza: mi avete affaticata e stancata, nonchè delusa, quindi niente più festival teatrale di Gioia. Mollo tutto. Naturalmente ce l’ha non con la generosa gente marsicana, ma con la politica e le istituzioni, forse anche con la burocrazia e i mille ottusi bastoni tra le ruote che ad ogni azione intellettuale e culturale vengono frapposti.
L’Abruzzo, possiamo dirlo, è selvatico e rincoglionito, perchè se non lo fosse, ad una come la Maraini avrebbe aperto tutte le porte, riservato sostegni e risorse (non per lei, certo, che non ha mai intascato un euro), attenzioni e gratitudini. Invece di deporre allori sulle testoline spesso vuote di gente dello sport o di altri personaggetti ritenuti onorevoli, questa regione avrebbe dovuto ringraziare la Maraini e tenersela cara. Come dovrebbe fare per ognuno dei pochi operatori culturali che ancora riescono a sopportare la nostra way of life, e restano a dare il meglio di se stessi ad una terra che forse non li merita.
La fine del teatro di Gioia fa il paio con le esequie per l’Accademia dell’Immagine dell’Aquila. Due eventi negativi in una terra negativa, nel senso che nega e stronca. Nessuno venga a dirci che siamo cresciuti e che andiamo avanti. No, siamo in perpetua retromarcia culturale. Progredire non è solo pareggiare i conti e diventare tutti ragionieri del denaro pubblico. E’ spenderlo bene, senza clientele e inutilità . Ma è come voler afferrare la Luna che tremola nell’acqua nera e putrida del pozzo. Ingenuo e supremamente inutile.
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