Morto Heaney, premio Flaiano poesia


Pescara – (di Dante Marianacci) – POCO TEMPO DOPO IL RICONOSCIMENTO PESCARESE, VINSE IL NOBEL – Quando, nel luglio del 1995, gli fu assegnato il Premio Flaiano per la poesia, nessuno immaginava, lui pressoché sconosciuto allora in Italia, che pochi mesi dopo avrebbe vinto il Premio Nobel per la letteratura e sarebbe stato universalmente riconosciuto come il poeta irlandese più importante dopo Yeats e una delle voci più originali della letteratura contemporanea. Disse quella sera a Pescara con molta sincerità, com’era sua abitudine, che con i soldi del premio Flaiano avrebbe potuto finalmente acquistare nuovi scaffali per la straripante biblioteca della sua casa dublinese.
L’avevo conosciuto proprio a Dublino, dove allora entrambi vivevamo, nel 1991, anno in cui la capitale irlandese era stata nominata capitale europea della cultura, che coincideva anche con il cinquantenario della scomparsa di James Joyce e la città era piena di fermento culturale e di manifestazioni, artistiche, musicali, teatrali, letterarie, non solo queste ultime dedicate a Joyce, che pure fece la parte del leone. Vi si tenne tra l’altro un grande concerto rock, il più grande mai ospitato dall’Irlanda, il “Music City”. Ricordo che uno degli eventi letterari più prestigiosi fu l’assegnazione dell’Aristeion Prize, il Premio Europeo della Letteratura, in cui Heaney era superfavorito, ma gli fu soffiato dal nostro Mario Luzi, che vinse con il libro “Frasi e incisi di un canto salutare.” Accettò la sconfitta con molta sportività e fu prodigo di complimenti per il grande poeta italiano.
Seamus Heaney era nato a Castledawson nel 1939 e apparteneva ad una numerosa famiglia nordirlandese di origini contadine, di cui andava orgogliosissimo e che entrò prepotentemente nel suo mondo poetico. Fece i suoi studi a Belfast dove conseguì la laurea in lettere e dove incominciò la sua carriera come insegnante. Poi si trasferì a Dublino. Tenne anche per un anno la cattedra di poesia all’Università di Oxford e, dal 1984, iniziò ad insegnare nell’università americana di Harvard. L’Irlanda, soprattutto quella martoriata del Nord, con tutti i suoi miti e le sue tradizioni, ma anche con i suoi complessi problemi, sociali, religiosi, politici, è il tema dei temi della sua poesia, una poesia che scava con la penna nella profondità dell’anima, sua e della sua gente, come l’aratro di suo padre nella terra: “Fra medio e pollice / quatta quatta sta la penna./ Sarà la mia vanga.” Una vanga che da Morte di un Naturalista a Una porta sul buio, da Station Island a Misurazioni, da Vedendo cose a Attraversamenti, da District e Circle a Catena umana, ha scavato e portato in superficie una poesia straordinariamente ricca in cui il poeta “ è un’antenna che capta le voci del mondo, un medium che esprime il proprio inconscio e quello collettivo.” Uno dei grandi modelli della poesia di Heaney fu sicuramente Dante Alighieri, in parte mediato attraverso Eliot e Pound, ma molto presente nella tradizione letteraria irlandese, a partire dalla prima traduzione che ne fece nel 1785 Henry Boyd, per continuare con Yeats, Joyce, soprannominato il Dante di Dublino, Beckett. In Dante, di cui tradusse anche il famoso Canto di Ugolino riferendolo metaforicamente all’attualità nordirlandese, Seamus Heaney vedeva il grande poeta, ben collocato nel suo contesto storico e allo stesso tempo capace di muoversi abilmente tra il politico e il trascendente. Questa, tutto sommato, è stata anche la sua ambizione, di intellettuale e di poeta, con risultati di straordinaria efficacia.


31 Agosto 2013

Categoria : Cultura
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