L’estate dei poponi
E’ stata, perchè ora pare declinare, l’estate dei poponi. Non pensate subito alle maestose tette di Pamela Anderson, peraltro mirabili, ma più banalmente ai cocomeri, alle angurie, ai “cococcioni” come li chiamava qualcuno a Pescara. Esattamente, cucuccione, con perfetta aderenza al nome scientifico latino.
L’unico prodotto frutticolo che è andato alla grande ovunque, è stato proprio il cocomero, simpatico e simbolico, ma negli anni del benessere schifato, considerato roba da poveri. Frutto da mordere con piacere nelle notti estive, accanto ad una bancarella. Ce n’erano, un tempo. Era la movida dei semplici.
Di angurie quest’anno se ne sono consumate milioni, perchè? Semplice: costano poco, piacciono, sono festose e consigliate dai medici e da quei torturatori che sono i nutrizionisti, gli ammonitori con il ditino alzato che ti dicono: “Devi perdere qualche chilo”. Gente crudele e da evitare.
Il ritorno dei poponi, inclusi magari anche quelli (su Internet) di Pamela Anderson, non è male. E’ una genuina restituzione dei boriosi alla loro reale dimensione. Altro che frutti esotici e macedonie sofisticate, roba da ricchi di una volta. Quest’anno è andato alla grande il cocomero. Forse l’unico sintomo di saggezza in un’Italia che da tempo ha scelto il peggio in tutto e per tutto. E quasi sempre è riuscita anche ad averlo, sbattuto un faccia.
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