Camminando nella città che non c’è
L’Aquila – (di Stefano Leone, foto Massimo Leone) – LA TRISTEZZA UN APPETITO CHE NESSUN DOLORE SAZIA – L’AQUILA FOTOGRAFATA IL 13 AGOSTO – Ogni volta credi (o speri…) sia diverso. Ogni volta pensi di trovare qualcosa che faccia davvero pensare alla città che pian piano, faticosamente ma inesorabilmente rinasce. Invece, a parte le rotonde (tenute peraltro in maniera disordinata e disadorna), a parte qualche abbattimento in più o qualche palazzo che ritrovi vestito con quegli antipaticissimi teli che sembrano quelli che ti infilano quando vai in sala operatoria; bene, a parte questo dicevamo, il nulla. Il niente.
Il tempo sembra si sia fermato. Le foto che la nostra fotocamera ha catturato, non sono immagini appartenenti alle settimane successive al sisma. Sono del 13 agosto 2013. Qualche giorno fa. Non sono neanche di periferie scampagnate e desolate lontane dal cuore della città: sono immagini del Torrione, quartiere che dista da piazza del Duomo una passeggiata di 10 minuti. Poi, le immagini del centro storico. Quello che politici e amministratori, oggi uno domani l’altro, si affannano e si azzannano, nel proclamare pseudo novità sulla ricostruzione. Tutto è buono per dire la propria e avere visibilità.
La realtà? La mostrano le immagini. Blindati degli alpini come i giorni seguenti il sisma, vie desolatamente accartocciate fra cinghie e telai in legno. Palazzi accerchiati, come immobili pazienti traumatizzati, da puntellamenti e balaustre. Uno dei simboli del centro storico, quei portici che in un’altra vita erano la vita, desolatamente privi di senso e prospettive. E, dunque, si va avanti. Come? Fra aeroporto fantasma, Perdonanza diventata ormai quasi sagra dell’arrosticino, fra la bolla la porto io oppure la porti tu, ordinanze cervellotiche che intimano di affamare cani e gatti.
Insomma, una babele allucinante, scomposta, assurda e confusionaria. In tutto questo gli aquilani che non ci sono. La città che non c’è. Locali che hanno fatto la storia di questa città, dando lustro e visibilità, sono ancora li così come erano dopo il 6 aprile 2009. Li guardi e, malinconia e rabbia ti fanno andare otre. Non prima di aver gettato un “Cristo…”. Ogni tanto, in lontananza una musica così, tanto per dare il senso di un senso che non c’è. Tutto questo ci ha portato a provare la sensazione terrificante di aver visto il nuovo simbolo di questa città che non c’è. Un cricchetto, (che abbiamo voluto riprendere in primo piano), per ingabbiare e sorreggere quel che il sisma a lasciato in piedi e che gli uomini non riescono ancora a riportare alla vita.
(In prossimi servizi pubblicheremo altre foto scattate il 13 agosto)
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