Zona franca, e adesso che succede?
(Immagine 6aprile.it: la Gazzetta Ufficiale con la zona franca dell’Aquila) – Nel silenzio ferragostano, è arrivato il sì ai meccanismi della zona franca, che tradotto vuol dire 90 milioni. Sì, ma come e a chi? Da quel poco che si è riusciti a capire (la politica tace dopo aver cavalcato la tigre elettorale della ZFU per anni) si tratta di soldi (20.000 euro ciascuna più o meno) a circa 4.000 imprese e ditte del territorio aquilano. Spendibili? No, credito d’imposta. Che significa? Che se una ditta deve pagare tasse, le vengono smorzate dalla zona franca con il credito d’imposta.
Ma per pagare le tasse, presupposto ineludibile è realizzare un profitto. Pago le tasse se guadagno… Come dire che i beneficiari della munificenza targata ZFU debbono stare bene in salute, cioè lavorare e guadagnare, per poter toccare con mano i vantaggi della zona franca.
C’è qualcosa che non torna. E’ come dare l’ombrello quando non piove?
Forse sarebbe stato più utile, sul piano pratico, indirizzare i 90 milioni verso un settore produttivo (poniamo, il turismo montano, il Gran Sasso), sostenerlo, fare da volano e dunque poi creare indotto. Una ditta che produce, dicono gli esperti, dà un indotto che ne coinvolge altre quattro. Artigiani, fornitori, professionisti, lavoratori dipendenti, e dunque consumi.
Su questo argomento aspettiamo il pensiero dei tuttologi, degli economisti, delle banche, dell’Università (perennemente muta sulle cose importanti), dei sapienti. E delle organizzazioni di categoria che avrebbero, forse, dovuto convincere i politici a non pensare solo al ritorno elettorale. Sai. 4.000 beneficiati significano migliaia di voti… O è solo maldicenza?
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