La diabolica ossessione: appunti e disappunti di un ragazzo che amava il cinema (4)


L’Aquila – Il silenzio è sceso sull’Accademia dell’Immagine e sulla sua sorte. Nessuno sa al momento se vivrà, e in caso affermativo, come e di che. Ferragosto incombe, la politica (eloquente quando ha poco da dire, silente quando dovrebbe dire molto) si rosola al Sole. Pubblichiamo la quarta parte degli appunti di Lucci. Sempre più belli, sempre più evocativi di una città, di un’epoca, di tante magiche persone del cinema

(di GABRIELE LUCCI) – ANCHE PER IL CINEMA BUGIE DAL COMUNE DELL’AQUILA – Giravo di set in set seguendo registi, attori, direttori della fotografia. Faticoso e anche un po’ noioso ma riscattato dalle conoscenze che fai con tanta gente diversa e di diversa nazionalita’. Il fatto e’ che i tempi sono estenuanti come ricordava Truffaut dopo l’esperienza di attore in Incontri ravvicinati del terzo tipo. In attesa magari di un controcampo, o un dettaglio, o un qualsiasi raccordo, devi aspettare che tutto quell’armamentario tecnologico si sposti.
L’attrice ripassa in roulotte la parte con il suo coach, il cinematographer guarda preoccupato l’addensarsi delle nuvole, la troupe sistema il set mentre ci si sfotte a vicenda. Raccomando a tutti i neofiti una esperienza del genere, anche per capire se quel mondo, al di la’ dei vostri sogni, davvero fa per voi. Hitchcock ad esempio detestava il momento delle riprese. Per lui il film era gia’ tutto storicizzato nella sua testa. Era come ricalcare a matita un disegno sulla carta velina. Altri registi invece la pensano diversamente e sono presi mentre girano da un furore genesiaco.
Quanto a me, comunque la pensassi aveva poca importanza preso com’ero dalle mie tasche vuote. Nessuna soluzione in arrivo e tante inutili attese. Il telefono era diventato un elemento d’arredo e la buca della posta una piccola bara delle mie speranze. Finalmente qualcosa emerse dalle reti che avevo buttato in mare. La mia era una pesca a strascico e cosi’ ero pronto ad accattare qualsiasi cosa. Fin quando arrivo’ una telefonata dalla Rai. Due anni di lavoro radiofonico. Ogni puntata rigorosamente di 29 minuti e 30 secondi. Liberta’ assoluta sul soggetto. In cambio solo 80.000 lire a trasmissione che se ne andavano per la benzina, piccoli spuntini e altre fesserie. Ma ero felice. Scrissi di tutto e sopratutto mi scatenai con il suono, vero re della radio.
Poi venne la volta di una emittente televisiva locale, Teleabruzzo. Lucio Barattelli mi mise alla direzione dei programmi. Il tempo di iniziare che gia’ era finita . Troppo pochi soldi per una televisione all’ alba della liberalizzazione dell’etere. Ma prima arrivo’ una scialuppa da Milano per capire se ci fosse qualcosa da inglobare. Gente sveglia. Mangiammo bene da Renato e Roberto, poi mi offrirono di lasciare tutto e andare su con loro. Erano i primi uomini di Berlusconi, stava nascendo Mediaset. Non so se feci bene ma io mi sono sempre lasciato troppo ricattare dalle mie radici, cosi’ restai.
A quel punto mi tornarono utili i legami con il set e i suoi protagonisti. A casa di Tovoli c’era Marcello Mastroianni. Stavano preparando una produzione di Michel Piccoli. Gli attori erano loro due e poi c’era per la prima volta sullo schermo Sergio Castellitto. Tovoli mi chiese una mano. Facemmo dei sopraluoghi sui monti vicino il Gran Sasso. Erano perfetti per le riprese. Il film si sarebbe realizzato tutto li’.
Piccoli chiese a sua volta una mano al comune dell’Aquila che aderi’ volentieri alla produzione promettendo 20 milioni. In cambio pubblicita’ dichiarata sulla pellicola e in tutti gli altri modi da studiare insieme per esaltare quei bellissimi posti. Dunque si metteva bene. No, si metteva male, molto male. La municipalita’ invito’ durante le riprese tutti gli attori ad una cena alla Villetta del Gran Sasso. La troupe arrivo’ a sera sfiancata dalle riprese del giorno e si presto’ alle foto di rito. Gran parte dei politici porto’ moglie e figli. Una baraonda e un carosello di flash. Il film termino’ e Piccoli mantenne la promessa. Ma non altrettanto il comune. Quei soldi non arrivarono mai e l’attore francese ancora bestemmia quando scorrono i titoli di coda.
Figuraccia della citta’ ma anche la mia che ne ero stato l’ingenuo garante. Per fortuna Mastroianni non si scompose, non perche’ i soldi non fossero i suoi ma perche’ era fatto cosi’. Gli piaceva mangiare bene e mi confido’ che il migliore agnello al mondo si cucina all’Aquila e in Marocco. Almeno questo! La verita’ e’ che dovremmo imparare da persone come Mastroianni per affrontare le avversita’ della vita con leggerezza, con grazia.
Sapete anche Hemingway la pensava cosi’ e lui almeno fino a in certo punto ne fu l’esempio. Si faceva male ogni 5 minuti con tutto, qualsiasi cosa finiva in un incidente pero’ riprendeva sempre con grazia il suo cammino. Meglio sorvolare sulla sua fine. Tornando a Mastroianni sembrava che non aspettasse mai niente. Stava li’ in mezzo alla troupe come a dire dannatevi voi l’anima, io sono in pace. Certi uomini danno pace a star loro vicino, o anche solo a ascoltarne i pensieri.E non solo quelli piu’ famosi come il Cristo, Lao Tze, il Budda. Tutti gli altri tuttavia, come ci ricorda Emanuele Severino, sono angosciati dal divenire. Insomma, se hanno un bene temono un domani di perderlo, se non lo hanno di non riuscire a guadagnarlo.
E cosi’ giriamo tutti a vuoto cercando un rimedio a questa dannazione, cercando affannosamente di dare un senso al nostro movimento fino a che la batteria che qualcuno ci ha messo dentro si esaurisce e ci lascia in mezzo alla strada. Sta a vedere che il piu’ grande filosofo e’ stato S. Francesco quando indica l’uccellino e il suo vivere come esempio per gli uomini. Lasciarsi andare alle leggi del creato. Vivere in armonia . Una esistenza di semplicita’ e umilta’. Un omaggio aprioristico ma solo apparente alla resa. Un’affermazione del non senso della vita al di la’ della fede, che tuttavia assurge a massimo significato. Insomma inutile muoversi se poi torniamo al punto di partenza. E anche qui il cinema ci viene incontro.
Con Orson Welles ci fa pensare che sul letto di morte ricorderemo solo le cose belle. Che so un momento d’amore o uno dell’infanzia. Appunto, riflettetendoci, sono momenti in cui non si e’ alla ricerca di qualcosa, si vive e basta, si prende quello che la vita ti consegna in quell’istante. E se ci fate caso, sono sempre situazioni insaccate nel passato quando avevate ancora lo sguardo vergine. Rosebud era il nome della slitta con cui Kane-Welles si divertiva da bambino, momenti di pura gioia. Ed e’ anche l’ultima parola che mormora con nostalgia prima di morire.


11 Agosto 2013

Categoria : Cronaca
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