I cani, problema coetaneo di Riga
L’Aquila – L’assessore Riga è giovane, sicuramente non sa che quello dei cani a L’Aquila è un problema… suo coetaneo. Ciò, come problema, assai datato. Una persona e un problema possono avere la stessa età , ma la persona si considera ancora giovane, il problema molto vecchio.
Premettiamo che sicuramente, emettendo l’indigesta ordinanza che vieta di dar da mangiare ai randagi, RoBerto Riga ha agito in buona fede e sicuro di fare una cosa buona. In realtà non lo è, cosa buona, apparendo a tanti piuttosto una perdita di tempo in una città che ha bisogno di ben altro. Riga non si lasci tritare dagli animalisti, che sono persone spesso politicizzate più che innamorate di cani, gattini e paperelle. Voleva, il vice sindaco, fare bene e invece ha emesso un’ordinanza che va, quanto meno, modificata.
Il discorso, comunque, non è questo. Prima o poi in qualche modo (visto che anche il sindaco ha un cane, quindi ama gli animali e sa che – per amarli davvero – bisogna anche alimentarli e dissetarli) si rimedierà .
Il problema è questo aspetto ennesimo dell’aquilanità che riemerge dalle buie acque in cui era sommerso. L’Aquila è la città delle incompiute, della crisi decennale del Gran Sasso, della segnaletica orizzontale che non si può fare, delle luci spente non si sa perchè, della manutenzione impossibile, delle strade senza marciapiedi e chi più ne ha, più ne aggiunga. Non finiremmo mai se volessimo elencare tutto.
Tra le cose mai fatte e non si sa perchè, c’è il problema dei randagi.
Se osservate una qualsiasi altra città normale (da Rimini a Matera, da Viterbo a Varese e così via), vi accorgete subito che cani randagi non se ne vedono. Da decenni, hanno risolto il problema, presumibilmente in modo civile e pulito, senza stragi e senza trucide barbarie. Dunque il modo per risolvere c’è. Vero che i cani randagi sono tanti, perchè tanta è la gente barbara che li abbandona. O che li getta vivi nei cassonetti, o che dà fuoco ai gattini. A L’Aquila i cani randagi hanno sempre spadroneggiato e impidocchiato il centro, o scorrazzato per Collemaggio mordendo e aggredendo la gente. Sono spesso affamati e incattiviti da modi di vivere che non sono preferibili a modi di morire. E togliersi di mezzo.
Il problema dura da decenni e decenni, quindi è coetaneo di Riga, ma anche di molti altri, politici e non politici, animalisti e non animalisti. E’, semplicemente, uno dei cento o mille problemi che a L’Aquila non si è capaci, o non si vogliono risolvere per i motivi più assurdi, tipo – è solo un esempio – quello che ferma quell’altro per non vanificare l’opera nobile della figlia animalista. Povera ragazza, se non ha più i cani da proteggere, potrebbe drogarsi…
Siamo nell’assurdo, è chiaro, e pare una commedia teatrale non-sense. Non si è capaci di togliere di mezzo dei cani randagi. Che spesso mordono la gente, comunque, non solo uno spettacolo edificante per una città , che appare incurante, insensibile, terzomondista, ammesso che nel terzo mondo abbiano cani randagi.
Questa – che piaccia o non piaccia – è la storia a quattro zampe. Certo, oggi ci sono ben più drammatici problemi. Ma il marchio dell’aquilanata ricompare come un’antica epigrafe spolverata da archeologi dediti allo studio dell’assurdo.
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