La diabolica ossessione, appunti e disappunti di un ragazzo che amava il cinema
L’Aquila – IN CODA: UNA RISPOSA A LUCCI DA DI STANILAO – Nell’iimminenza di uno dei più clamorosi atti di masochismo che l’Abruzzo abbia mai politicamente concepito (la sentenza di morte per l’Accademia dell’Immagine), abbiamo chiesto all’uomo del cinema, Gabriele Lucci, di inviarci appunti e sensazioni, pensieri e riflessioni. Lucci, al quale ci lega un’antica amicizia – basata anche sulla condivisione dell’amore per il cinema – ci ha inviato un suo primo scritto. Contiene il passato e fa luce sul presente. E’ quanto resta di un sogno, fare dell’Aquila la Città del Cinema, tra abbaglianti splendori divistici e dibattiti culturali, luci e ombre, fervori di idee e spinte avveniristiche. L’Accademia dell’Immagine che con un tratto di penna qualcuno vuole distruggere (per la seconda volta, dopo la botta fisica del terremoto del 2009), appartiene ai migliori momenti culturali della città e della regione.
Ci auguriamo che una resipiscenza (provvidenziale) valga a salvarla. Con lo scritto di Lucci, diamo volentieri il nostro contributo (G.C.)
(di GABRIELE LUCCI) – Davvero voi pensate che sia facile fronteggiarsi con un foglio bianco? Ma certo che lo e’ a patto che non si abbia nessuna ambizione, che non ci si nasconda e che non ci si trattenga piu’. Cosi’e’ per me . Dunque seguiro’ il consiglio di Fellini quando diceva nel suo film Roma che ognuno deve fare cio’che gli e’ piu’ congeniale. E il miglior modo per fare una cosa e’ farla. Quando mi chiedevano, ma tu come ti sei fissato con il cinema, io mentivo sistematicamente. Mi vergognavo, ma a voi diro’ la verita’. La principessa Sissi. Ma che c’entra Sissi…. C’entra e vi dico perche’. Al cinema Rex dell’Aquila hanno proiettato tutta la serie di quel melodramma bavarese baroccheggiante e demode’ e io , portato per mano da mia madre, ne sono rimasto affascinato. Non so se da mia madre che mi ci portava o da Romy Schneider, fatto si e’ che si fa una bella fatica a dirlo. Perche’ se quello e’ un melodramma, Splendore nell’ erba cos’e’ !? Ma il dramma vero incombeva sulla povera Romy. La morte le stava gia’ scavando la fossa e vi sarebbe entrata molto presto. Lei era paffutella, dopo sarebbe migliorata, avrebbe assorbito meglio la luce sul volto piu’ scavato. Non ai livelli della Dietrich o della Hepburn ma ci poteva stare. Il problema pero’ per il cinema e’ anche un altro. Non basta essere ossuti, togliersi i molari come molte attrici hanno fatto. Dipende tutto da un’ altra cosa. Perche’ la Monroe , a rifletterci bene, non era tanto scavata in volto e allora? La risposta e’ : tutto dipende se ti ama la macchina da presa, se si innamora di te. Vero! Ma tornando al melodramma . Noi pensiamo sempre sia esagerato, enfatico e quei protagonisti lontano dalla nostra realta’, un po’ come le canzonette d’amore, ti amo non ti amo..soffro senza di te e cosi’ via. Ma come diceva Truffaut le canzonette piu’ sono stupide e piu’ sono vere. Tutto ci sembra estraneo, come le telefonate che senza volere ascoltiamo in aeroporto , o al supermercato: ha mangiato il bambino?E Nene’ come sta? Mi raccomando..In verita’ bisogna essere vigili. Interno notte, il film e’ Chiamate nord 777 , una donna e’ rimasta sola, il figlio e’ stato ingiustamente incarcerato. Non ce la fa piu’. Si rivolge alla fine al Cristo e confida in lui. Non potete immaginare come si diventa religiosi sotto l’ incudine della vita. Il giorno prima avevate un sorriso smagliante, poi accade qualcosa e quel sorriso si trasforma in una smorfia di dolore: ma che ho fatto io per meritarmi questo! Vi coricate con la soma dell’ incubo e l’alba vi sorprende rattrappiti a letto, quasi ibernati in posizione fetale e il male e’ pronto li’ che aspetta per azzannarvi. A quel punto passate le mani nei capelli, andate su e giu’, divorate una sigaretta mentre il male divora voi seppellendovi in un cul de sac. Qualcuno deve aiutarmi… Vi rivolgete ai santi, magari quello piu’ miracoloso, li passate in rassegna, cio’ che temete come diceva Pavese succede sempre.. Sempre piu’ giu’… Ecco, siete entrati nello schermo e nel melodramma anche voi , la ribalta del dolore e’ li’che vi aspetta. E vi garantisco che a quel punto sarete pronti a tutto , anche a sopportare un turista giapponese che vi fotografa mentre siete in ginocchio sull’ ultimo scalino del Campidoglio a pregare Marc’Aurelio. L’ algerino S.Agostino diceva che il male e’ la privazione del bene, ma si sbagliava perche’ il male ha una sua volonta’ perversa. Agisce, e’ un saprofita e non solo. E’ come un bertuccia sulle vostre spalle. Dovete pagare dazio e darle ogni tanto da mangiare. Allora che fare? Si dice che quando qualcosa di ingiusto ti colpisce o soccombi, o diventi cattivo, o diventi un grande maestro. Non chiedetemi in quest’ultimo caso come si fa perche’ non lo so. Ma forse se non conosciamo il male come possiamo conoscere la vita? Il problema e’ che un problema tira l’ altro. Ferragosto 2009 o 2010. Un sole sfacciato e ottuso mi si impianta in faccia. Ore 8.30 mi telefona qualcuno dal ministero della cultura: hai visto che mi hai combinato? Mi ha svegliato Bertolaso, a sua volta svegliato da Berlusconi, furiosi perche’ Benigni all’Aquila doveva essere una sorpresa e invece tu hai spifferato tutto alla Stampa di Torino…Oddio, ma non e’ cosi’ !…
Non ci sono ragioni. Ognuno si rifa’sull’ altro e io vorrei sul mio giardiniere ma non ce l’ho! Ecco come era andata. Mi telefona una vecchia amica di quel giornale e mi fa: domani allora arriva Benigni! Prendo tempo, ma e’ sicuro? Me lo ha detto l’ufficio stampa di Benigni , certo che e’ sicuro! Allora che ne pensi di questo arrivo? E io li’ a dire qualcosa di scontato. Risultato: prima pagina di Benigni all’Aquila e dentro
le mie dichiarazioni! Mamma mia se si arrabbiano sono problemi perche’ il ministero e’ decisivo per salvare l’accademia dell’ immagine. Affranto confido le mie preoccupazioni a uno degli organizzatori.
Che dici, la spectre mi perdona? Ma certo, non e’ successo niente, dai! Qualche minuto dopo altra telefonata. Vatti a vedere dagospia cosi’ vedi che hai combinato! Bel ferragosto ragazzi. Oramai sono inattendibile, sono diventato una gola profonda! E nemmeno mi pagano per questo.
Dicevamo di Truffaut. La prossima volta vi parlero’ di lui, di come ho conosciuto gran parte della sua famiglia cinematografica
e di come complicarsi davvero bene la vita mettendo su un cineclub a poco piu’ di vent’anni. Ora chiudo e , visto che abbiamo indugiato sul male, lo faccio con una passiflora religiosa. Un omaggio a Honderlin, ricordandovi sommessamente e laicamente che tutto sommato “benedetta e’ la via! ”
Una risposta a Gabriele
(di CARLO DI STANISLAO) – Benedetta la tua lettera Gabriele e la tua voglia indomita di cinema (e di vita), il tuo fiorire in immagini lievi, leggere, in un’ora pesante e lutuosa: per te e per il sistema cinema tutto.
Benedetta la tua affabulazione in immagini, che ci riporta a quanto rischiamo di perdere (in termini di memoria e di emozioni), che ci riporta a Ricoeur, ricordandoci che il grande schermo, in termini di scambio e prossimità, può più di convegni e congressi, che afferma semplicemente una vicinanza, che parla di interculturalità, che significa scambio, dialogo e confronto.
Nelle tue parole c’è il cinema narrativo classico con una gerarchia tra le inquadrature, dove i dettagli dipendevano dall’inquadratura d’insieme ed insieme l’andare avanti ed indietro nel tempo, come Kubrick o come Capra, costruendo un sogno filmico, che è la rappresentazione (possibile) di un ipotetico sogno, attribuito ad un personaggio, costruito “come se” fosse un sogno vero”, discendente da una serie di assunti e postulati inerenti la natura, le caratteristiche e le funzioni del fenomeno-sogno.
Ed il sogno, è naturale, è che il fenomeno cinema continui nella nostra città, nonostante tutto e a dispetto di tutto, in qualche modo, aggrappandosi a sognatori forti ed irriducibili, come te ed altri, se ancora ve ne sono.
Il cinema (come il sogno) altro non è che una storia raccontata in immagini. Nel corso della visione del film, si entra, infatti, in un “regime di credenza” simile alla condizione di chi sogna. Questo effetto produce nello spettatore, l’illusione di essere proprio lui a produrre la finzione filmica e di “sognare” le immagini e la storia che compare sullo schermo.
Il tuo racconto ha costruito un film ed una storia, onirici entrambi, con continue apparizioni-sparizioni alla Melies ed anche, da grande innamorato del “noir”, l’utilizzo di due artifici stilistici (la tua voce che è quasi un “fuori campo” ed i flash-back di memoria) che rinviavano ancor più ad una sorta di perpetua incertezza, fino a modificare completamente la comprensione del racconto.
Perchè le cose vere le fai intuire, dietro la cascata lirica delle parole, dei piano-sequenza e dei controcampo, in una cronaca che è favole e, a volte, favola spietata.
Ne “Il male oscuro”, il protagonista nel rivolgersi al suo analista, ricorda: “Ho sognato che mi trovavo in una libreria molto frequentata dagli intellettuali, i padreterni; scrittori, giornalisti, saggisti, commediografi, tutte persone che secondo la mia fortuna hanno avuto più fortuna di quanto lo meritavano. Dunque nel sogno questi scrittori, giornalisti… stavano intorno ad un uomo molto importante con un lungo tabarro, il quale aveva tra le mani una riproduzione eseguita da lui stesso che tutti quanti ammiravano. Io me ne stavo in disparte, finché ad un certo punto, mi sono fatto coraggio, mi sono mosso dal mio angolo per andare ad ammirare l’oggetto di tanto entusiasmo ma l’uomo con il tabarro mi ha guardato fisso e mi ha detto: “No, tu non lo puoi guardare, né toccare.”
Forse è questo che intendevi raccontarci o forse, come Win Windersi in “Fino alla fine del mondo”, volevi dirci che un film che sembra un sogno non è un film, ma una incursione nella nostra coscienza profonda.
Ciao Gabriele, stacci affianco e capiremo meglio ciò che intendeva Ado Kirou, quando scriveva che: “la nostra società ha ridotto il reale alle sue pure apparenze sensibili per incatenare gli uomini a un quotidiano senza meraviglie. Il cinema rovescia questa situazione: recupera gli aspetti di solito nascosti; ci presenta le cose secondo una logica diversa dal comune; riporta in superficie i sogni e ne fa dei momenti collettivi. (..) Il cinema riesce a saldare luoghi lontani tra loro, a mescolare lo ieri con il domani, ad avvicinare il minuscolo al gigantesco, a sovrapporre il conosciuto e lo sconosciuto, a trasformare il previsto nell’insolito, creando oltretutto un universo a cui noi aderiamo senza fatica. (..) Più ancora che nella vita reale ci sono offerte delle pertiche: possiamo saltare in noi stessi, rompere con il pensiero di sempre, scoprire la grande poesia.”
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