Serve tenere in vita le aziende piriche?

Frugando nella memoria e negli archivi, un datato cronista come chi scrive ricorda, senza sforzo, in Abruzzo, una lunga serie di esplosioni, morti e danni dovuti a “incidenti” nelle aziende piriche. Cominciando da una lontana, luttuosa esplosione nei pressi di Celano, tanti anni orsono. I ricordi parlano solo di danni, morti, feriti, amputati, ustionati, paura, incendi, cose e case devastate. Oggi, dopo l’apocalittica esplosione di Città S.Angelo, che allunga la lista nera, ci chiediamo: serve tenere in vita attività del genere? I fuochi sono belli, d’accordo, ma se ne potrebbe fare a meno. Come dei botti di Capodanno e degli spari alla festa del patrono, peraltro così poco consoni a celebrazioni di santi e soprassalti di fede. E’ evidente che leggi e scartoffie non servono a impedire che troppo spesso ci siano morti, dolore, danni e devastazioni. Anche perchè aziende del genere non dovrebbero trovarsi in contesti urbani, e invece non è così.
D’accordo: le usanze e i rituali si rispettano, sono amati dal popolo. E poi c’è anche un cospicuo giro di soldi, di affari, di occupazione. Ma siamo certi che la vita di un ventenne finita in un tremendo botto, come è accaduto per l’ennesima volta, valga tutto questo? Sono domande che uno si fa, quando per mestiere ha dovuto seguire tanti massacri legati alla pirotecnica. Che tanto tecnica non è, se gli incidenti si susseguono. Ci pensino legislatori e cervelli politici: sarebbe bella una regione senza attività piriche. Eliminiamole, aiutiamo chi ci vive, prima che ci muoia. Non è razionale gustarsi i fuochi (davvero frequenti, si usano molto) ignorando che la gente spesso per esibirceli, ci rimette la vita. Anzi, diciamola tutta: è davvero stupido. Niente da dire, poi, sui vigili del fuoco che corrono verso il luogo del botto, e finiscono devastati da un secondo botto che nessuno aveva previsto. Eppure, era quasi annunciato…