Amianto: problema affrontato goffamente, una legge che nessuno potrà rispettare
L’Aquila – (di Gianfranco Colacito) – La Regione Abruzzo non ha mai dedicato molta attenzione sincera a problemi che invece ne meriterebbero, perché riguardano la salute. Il primo metodo per risparmiare davvero sulla sanità, sarebbe non far ammalare la gente. Parliamo di due emergenze: il radon e l’amianto. Liquidiamo semplicemente il primo argomento: per monitorare la presenza naturale di radon (un elemento gasoso radioattivo che emana del sottosuolo) sotto case, scuole, strade, quartieri interi, e con particolare intensità in alcune zone. Nell’Aquilano, è ricca di radon naturale la zona di Tornimparte. Lo sono altrettanto i monti del vicino Alto Lazio. Per preservare la gente dall’insidiosa minaccia, bisognerebbe controllare i suoli e le zone urbane da cima a fondo. Impossibile. E poi adottare le misure di sicurezza che esistono. La Regione avrebbe da sempre dovuto occuparsi dell’esigenza, ma non lo ha mai fatto. Letteralmente mai. Dunque, problema accantonato e silenzio come risposta a chi (come più volte noi abbiamo fatto) lo pone e lo mette in luce.
Sull’amianto ci si è mossi. Goffamente, in modo arruffato e approssimativo. Riassumiamo. Entro il 24 novembre i proprietari di immobili dovranno comunicare la presenza di amianto (anch’esso tossico e cancerogeno come il radon) e materiali nocivi simili ed entro tre mesi da quella data “dovranno provvedere alla bonifica e rimozione di amianto e altri materiali”.
Ai burocrati spesso basta prescrivere, ordinare, imporre termini e scadenze, come in editti e proclami di altri secoli, senza chiedersi se ciò che ordiano è fattibile o no. A loro basta aver proclamato: sufficiente per sostenere di aver meritato lo stipendio.
E’ evidente che i tempi fissati (specie nel cratere sismico) sono ristrettissimi. Lo sono soprattutto per artigiani, commercianti, piccoli imprenditori, agricoltori, enti pubblici, ospedali, università, condomini e singoli cittadini. In 90 giorni occorre trovare un tecnico, stendere un piano di lavoro complicato e dettagliato, spedirlo alla ASL, che in 30 giorni deve esaminarlo. Ammesso che il piano sia approvato, bisogna trovare una ditta specializzata, dotata di piattaforme aeree e attrezzature adeguate. Aprire un cantiere. Trovare i fondi per i lavori e la bonifica dei locali (tanti soldi) e soprattutto cercare uno spazio, un luogo in cui depositare i materiali rimossi. Tutto ciò è difficile in qualsiasi luogo d’Abruzzo, figuriamoci a L’Aquila e nel cratere, soffocati dall’immenso problema delle macerie, per ora irrisolto da amministratori incerti e farfuglianti.
Se la legge sull’amianto dovesse essere davvero rispettata, provocherebbe, ci dicono alcuni imprenditori, un secondo terremoto. Senza dimenticare che tutti, quando acquistarono eternit e altri materiali un tempo consentiti (che parlava di amianto?) spesero somme rilevanti e pagarono IGE, IVA o IRPEF secondo i periodi.
Come si è potuto in seguito, da parte delle autorità, autorizzare l’uso di materiali tossici o cancerogeni nell’edilizia? Domande che mai avranno risposta, perché in Italia si risponde solo ai messaggini telefonici. Mai ai cittadini, specie quando la domanda imbarazza.
La legge regionale di cui parliamo comporta comunque spese ingenti e la qualificazione di ditte che volessero specializzarsi nelle rimozioni. Per evitare un’emmesima figuraccia (una legge non rispettabile da nessuno e quindi una presa in giro per le istituzioni) occorre innanzi tutto una proroga dei termini di scadenza a data da destinarsi. E occorre un contributo adeguato per chi deve rimuovere amianto. La precedenza dovrebbe essere data comunque a ditte abruzzesi, per fare in modo, rileva l’imprenditore che ci ha fornito le notizie e i dati, che almeno una parte dei capitali necessari per la bonifica restino in zona. Inoltre imprenditori e lavoratori dovranno essere preparati ad un lavoro che non conoscono. Un esposto che illustra il problema è stato inviato al Presidente Chiodi, alla Protezione civile e al Presidente della Repubblica Napolitano. La data era quella dell’8 settembre. Che risulti, risposte e atti concreti ancora non ne arrivano. L’amianto è, come ben tutti sanno, ovunque anche in zone densamente popolate. E’, ma anche questo lo sappiamo bene tutti, nel linoleum dei pavimenti di scuole, uffici, edifici pubblici e persino in alcune zone tornate agibili dell’ospedale S.Salvatore. Nelle cappe dei camini di migliaia di case. Sui tetti di migliaia di capannoni, in uso e in disuso. Nei paletti di recinzioni, sui tetti di edifici agricoli o artigianali. Spezzettato negli edifici semicrollati o abbandonati. Persino nelle macerie accumulate in Piazza d’Armi a L’Aquila. Dovevano rimuoverle, quelle macerie, ma sono ancora dov’erano tre mesi fa.
(Nelle foto: Un panorama cittadino: nessuno sa quanto radon sale dal sottosuolo nelle nostre case e nei nostri polmoni. Come il radon radioattivo penetra nelle strutture abitative)
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