Con Cacciari e altri per recuperare bellezza
L’Aquila – (Di Carlo Di Stanislao) – La filocalia, letteralmente “amore della bellezza”, è il breviario ascetico e mistico della Chiesa d’Oriente e racchiude un patrimonio spirituale di grande valore per tutta l’umanità. Massimo Bolognino ce ne ha parlato nel bel saggio (Effatà, Cantalupa, 2010) “Salvifica bellezza” e domani, un altro Massimo (Cacciari), in compagmia di Mons. Orlando Antonini (nunzio apostolico e studioso di architettura), del Ministro per i Beni Culturali, Massimo Bray, di Pietro Di Stefano (Assessore alla Ricostruzione), Rodolfo de Laurentiis (Consigliere d’Amministrazione RAI) e Gabriele Centazzo (designer), con il coordinamento del giornalista Angelo Di Nicola, ci parlerà di bellezza come modello per ricostruire la città de L’Aquila, dopo il sisma del 6 aprile 2009.
L’evento, organizzato e curato da One Group, sotto la direzione della inesauribiole Francesca Pompa, con inzio alle 17,30 presso la restaurata Chiesa di San Giuseppe Artigiano, in via Sassa, a L’Aquila, per capire quali debbano essere i modelli del conoscere e della’agire, in una fase di mai partita ripresa di un centro storico che, per bellezza ed importanza, era fra i più significativi d’Italia.
Bellezza significa riconoscere il senso delle cose, l’identità delle nostre relazioni, una una continua interrogazione sulla funzione delle cose.
Come ha avuto modo di dire anche recentemente Stefano Zecchi, la bellezza è una forza propositiva, costruttiva ed anche se pogettare il bello può sembrare utopico, ci si deve impegnare, perché il bello è sempre e comunque un valore.
Lo scorso dicembre, in un incontro i al Museo delle Terme di Diocleziano, Massimo Cacciari con Nadia Fusini hanno conversato sul tema della bellezza, nella poesia, nella letteratura e nella filosofia.
Domani a L’Aquila si parlerà, naturalmente, anche di urbanistica e di ricostruzione. Siamo certi che i contributi di Cacciari, ma anche di monsignor Antonini, ci permetterabnno di riflettere sul fatto che mentre la cifra del passato era la bellezza, le avanguardie del XX secolo l’hanno cancellata, sostituendola con la bruttezza .
Per cui, il contemporaneo non è più dotato a priori d’un codice estetico ; che tuttavia si realizza quando una pluralità di bisogni materiali si incontrano con un ‘idea immateriale di bellezza.
Occore prima di ricostruire le cose, ricostruire la società, la rete di relazoni, gli elementi comuni di un sentire che è cultura, per avere chiara la visione di cosa ci si aspetta per il futuro cittadino non solo nelle pietre enei muri, ma nelle persone che ne compongono la società.
Va qui detto che la bellezza, senza dubbio, è la principale caratteristica che il mondo riconosce all’Italia, per le città, i paesaggi, le opere d’arte, la creatività e l’elenco potrebbe continuare.
Ma oggi parlare di tutto questo sembra utopico, dal momento che tutto si muove nella direzione contraria ed anche se cultura e bellezza sono un fattore decisivo su cui costruire il nostro sviluppo, sono anche quelli meno incentivati e più trascurati.
E sebbene sia chiaro che intorno al concetto di qualità, nelle sue tante declinazioni culturali e sociali, nell’intreccio inestricabile tra natura e sapiente intervento antropico, si racchiude il meglio della nostra identità e della nostra storia, e al contempo una chiave per immaginare un altro futuro, oltre la crisi, nella pratica tutto questo non viene mai applicato.
Ora L’Aquila, distrutta da un sisma e cristallizzata nelle macerie da 4 anni, potrebbe divenire il modello di un intero Paese capace di muovere intelligenze e attenzioni, investimenti, intorno a un’idea di paesaggio come valore aggiunto dello straordinario patrimonio di città, di beni ambientali, storici e architettonici, artistici, di culture materiali e immateriali.
Un progetto (che è quello che si avvia con la candidatura per Cpitale Europea della Cultura 2019) che è quello di conservare e valorizzare la bellezza ancora presente ma anche e di svilupparla in ogni intervento, con l’attività antropica, il ruolo delle comunità e degli individui, che diviene centrale e fondante nell’intreccio con la dimensione naturale della bellezza che caratterizza i paesaggi più affascinanti e nell’importanza che assume la produzione di nuova bellezza.
Bellezza come cultura, quindi e come identità, lwegamwe col passato e proiezione verso il futuro, con un investimento, in primo luogo, sulla cultura, che è l’unica strada per costruire una società migliore, più giusta, più sicura, più libera e più ricca, capace di immaginare spazi urbani di coesione sociale ed espressione artistica che sia anche icona delle idee dominanti in quella particolare società.
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