La ricerca italiana rende “buono” il virus Hiv


L’Aquila – (Di Carlo Di Stanislao) – Per terapia genica si intende il trasferimento di materiale genetico allo scopo di prevenire o curare una malattia. Nel caso di malattie genetiche consiste essenzialmente nel trasferire la versione “funzionante” del gene in modo da rimediare al difetto. Può essere applicata a cellule somatiche, nel qual caso il difetto viene curato esclusivamente nel paziente soggetto alla terapia, e a cellule germinali, rendendo possibile la trasmissione alle generazioni successive. I geni corretti sono inseriti attraverso vettori, distinti in virali e non virali, come liposomi ed elettroproteine. Sono soprattutto i virus, comunque, inattivati e modificati, ad essere attualmente i vettori ideali.
Dopo anni di esperimenti in laboratorio per valutare sicurezza ed efficacia della terapia genica sulle cellule staminali del sangue, nel 2010 è partita la sperimentazione su 16 piccoli pazienti da tutto il mondo, di cui 6 affetti da una grave malattia neurodegenerativa, la leucodistrofia metacromatica (la malattia di Sofia al centro del caso Stamina), e 10 colpiti da una rara immunodeficienza, la sindrome di Wiskott-Aldrich. Dopo tre anni, ecco i primi frutti. Jacob (3 anni, americano), Canalp (4 anni, turco) e Samuel (9 anni, di Roma), tutti affetti dalla sindrome di Wiskott-Aldrich, sono potuti quasi rinascere.
Il risultato, celebrato da una doppia pubblicazione sulla prestigiosa rivista Science e presentato in un’affollata conferenza stampa, ieri, si deve all’intuizione di Luigi Naldini, oggi direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (Tiget) di Milano. Proprio lui, nel 1996, pensò di disarmare il temutissimo virus Hiv, responsabile dell’Aids, per trasformarlo in un efficiente cavallo di Troia che trasporta nella sua pancia i geni sani con cui correggere gravi malattie ereditarie, arrivando fino alle cellule dell’inaccessibile sistema nervoso centrale.
Naldini, insieme alla direttrice di Theleton Italia Francesca Pasinelli, nominata nel 2009, sono stati ospiti stamani di “Uno Mattina” ed hanno raccontato che grazie a questa innovativa terapia genica si nutrono speranze per bambini che sono altrimenti destinati a una vitabreve e piena di stenti con turbe neuroogiche emorragie e infezioni gravi.
In effetti la prima delle due patologie trattate, la Leucodistrofia metacromatica (detta anche deficit di Arilsulfatasi o malattia di Scholz), è una malattia neurodegenerativa, caratterizzata dall’accumulo di solfatidi (glicosfingolipidi solfatati, soprattutto, sulfogalattosilceramide o sulfogalattocerebrosidi) nel sistema nervoso e nei reni.
La malattia, con disturbi dell’equilibrio ed epilessia, nell’arco di pochi anni, fino allo stadio di decerebrazione, con decesso entro i 5 anni dalla comparsa dei primi sintomi. Fino ad oggi non si conoscevano terapie efficaci.
La malattia di Wiskott-Aldrich è invece una rara malattia genetica caratterizzata da deficit immunitario, che si manifesta sin dall’infanzia con eczema, infezioni ricorrenti e recidivanti (otiti e infezioni di naso, gola, bronchi e polmoni) e disturbi della coagulazione (porpora, petecchie, ecchimosi, perdita di sangue dal naso, diarrea sanguinante). La sindrome è associata inoltre a un aumento del rischio di autoimmuni, linfomi e leucemie. Gli individui colpiti mostrano una marcata carenza di piastrine (piastrinopenia, spesso inferiore al valore di 50.000), che sono in genere più piccole del normale.
La malattia è causata da alterazioni nel gene WASP, codificante per una proteina probabilmente coinvolta nel funzionamento del citoscheletro (l’insieme delle strutture cellulari che danno forma e sostegno alla cellula). La sindrome si trasmette con modalità legata al cromosoma X (su cui è localizzato il gene WASP): la malattia è presente quasi esclusivamente nei maschi, mentre le femmine sono in genere portatrici sane. Una donna portatrice sana ha il 50 per cento di probabilità di trasmettere la malattia a ogni figlio maschio.
La diagnosi prenatale e la ricerca dei portatori costituiscono un aspetto importante del trattamento dei pazienti con WAS, e può essere effettuata con varie metodiche sulle cellule del liquido amniotico prelevato mediante amniocentesi o sulla biopsia dei villi coriali.
L’asportazione della milza (splenectomia) può migliorare il numero delle piastrine (e quindi ridurre il rischio emorragico), ma comporta il rischio di infezioni anche gravi; in alcuni casi può essere necessaria la trasfusione di piastrine o di globuli rossi. L’unica terapia risolutiva è rappresentata dal trapianto di midollo osseo.
Il nuovo protocollo terapeutico Telethon, che coinvolge un team di 70 ricercatori coordinati dal dott. Alessandro Aiuti, figlio di Ferdinando, revede il prelievo delle cellule staminali dal midollo osseo dei pazienti, la loro correzione in laboratorio tramite l’introduzione del vettore (il virus dell’Hiv) contenente il gene terapeutico e infine la reintroduzione nell’organismo.
Dopo questi due imprtanti risultati occorerrà ora trovare un partener che possa produrre i due rimedi.
In effetti per lo sviluppo e la produzione c`è bisogno di un`azienda. Salutata 20 anni fa come una svolta, la strada verso la terapia genica si è rivelata più impervia del previsto, caratterizzata da alcune vittorie ma anche da molte frustrazioni fra cui la mancanza di fondi.
Comunque gli studi continuano ed il prossimo grande obiettivo è la talassemia, con le prime sperimentazioni cliniche che potrebbero partire entro due anni.


12 Luglio 2013

Categoria : Scienze
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