Morte Di Nunzio: “Più indagini sull’inchiesta”


Teramo – L’avv. Isidoro Malandra fa sapere: “A seguito della morte del giovane Valentino Di Nunzio, avvenuta il 5 agosto 2012 a causa dei traumi riportati nel tentativo di suicidio avvenuto presso il carcere di Teramo il 14 febbraio 2012, la Procura della Repubblica di Teramo ha aperto un fascicolo a carico del Gip di Pescara, Dott. Gianluca Sarandrea ed altri, ipotizzando il reato di omicidio colposo. La stessa Procura di Teramo, già nel mese di agosto 2012, aveva trasferito il fascicolo per competenza alla Procura di Campobasso, essendo appunto nella vicenda coinvolti magistrati del Tribunale di Pescara. Il P.M. di Campobasso, Dott. Nicola D’Angelo, in data 8 Maggio 2013, ha chiesto al Gip l’archiviazione del procedimento ritenendo che debba “escludersi la ricorrenza nella vicenda, di condotte di interesse penale. Tutti i soggetti coinvolti si sono doverosamente attivati per individuare le soluzioni più idonee al trattamento penitenziario di un soggetto che aveva dimostrato un’estrema pericolosità estrinsecantesi nella barbara uccisione della madre”.
Fernando Di Nunzio, padre del ragazzo e quindi parte offesa, si oppone strenuamente all’archiviazione. Ciò che emerge dagli atti è una realtà completamente diversa da quella descritta dal P.M: non solo ci sono stati gravi errori ed omissioni da parte di chi, Magistratura e Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, ha disposto in merito al trattamento penitenziario cui il Di Nunzio è stato sottoposto, ma si evidenziano precise responsabilità da parte di organi di direzione, personale sanitario ed agenti di custodia del carcere di Teramo.
Il 6 febbraio 2012 il Medico di Guardia chiede una visita psichiatrica urgente, che viene effettuata l’8 febbraio. La psichiatra, che diagnostica una “schizofrenia di tipo paranoide”, testualmente scrive: “Le condizioni del paziente sono peggiorate presentando un break-down psicotico… ha sospeso la terapia farmacologica … si evince un’altissima pericolosità con altissima predittività suicidiaria”. Il giorno seguente il responsabile sanitario del carcere chiede il trasferimento del Di Nunzio in OPG o altra struttura territoriale esterna e conferma che il break-down psicotico è dovuto a “mancata assunzione della prescritta terapia neurolettica”. Ma se questa era la causa del break-down ed era altissima la “predittività suicidiaria”, andava immediatamente chiesto il Trattamento Sanitario Obbligatorio. Tale richiesta è arrivata dai predetti sanitari solo il 14 febbraio, dopo il tentato suicidio e quando Valentino Di Nunzio era già completamente paralizzato.
Ma c’è di più. Il 9 febbraio, sulla base della relazione psichiatrica data 8 febbraio, il Direttore del carcere chiede al Gip di Pescara autorizzazione al trasferimento del Di Nunzio presso il reparto psichiatrico dell’Ospedale di Teramo. L’11 febbraio la Direzione del carcere di Teramo riceve nulla osta del Gip di Pescara, datato 10 febbraio, con cui si autorizza trasferimento presso Ospedale di Teramo. Tale trasferimento, che avrebbe consentito di prevenire il tentativo di suicidio del Di Nunzio, non è stato mai fatto e di tale omissione il responsabile o i responsabili devono rispondere!
Il 9 febbraio, ma sulla base della relazione psichiatrica stilata in pari data, il direttore del carcere chiede a Gip e Dap trasferimento in OPG o altra idonea struttura territoriale (tipo Villa Pini o Villa Serena, richiesta fatta dal difensore fin dal primo momento!).
Ancora. L’8 febbraio, il responsabile del reparto detenuti comuni, dove Valentino Di Nunzio si trovava recluso, aveva disposto “sorveglianza a vista” con l’obbligo di tenere aperto il blindato della cella. Tuttavia, il trasferimento nel reparto osservazione viene disposto solo il 12 febbraio, essendosi ulteriormente aggravata la malattia psichiatrica. Trasferimento in cella dotata di letto a castello e con altro detenuto. Chi ha disposto il posizionamento del Di Nunzio nel letto in alto? Semplice la risposta ufficiale: è stato lo stesso Di Nunzio, il pericoloso detenuto sottoposto a sorveglianza a vista, a “scegliere” di mettersi nella parte alta! Nessuno risponde di tale gravissima negligenza?
Quando Valentino si getta a capo in giù dal letto a castello, l’addetto alla sorveglianza a vista (di cui non si conosce il nome non essendo stato mai sentito dalla Polizia Giudiziaria incaricata delle indagini) si era allontanato per “andare in bagno”. Si trovava di fronte alla cella un ispettore, comandato al piano distributore e non alla sorveglianza a vista, che dice di aver visto la caduta del Di Nunzio e di essere intervenuto subito dopo aver “aperto” la cella. Ma non doveva essere aperta la cella, secondo l’ordine impartito l’8 febbraio? E’ evidente che la sorveglianza a vista, disposta proprio per prevenire atti di autolesioni o di violenza etero o auto diretta, è stata fatta in modo maldestro e gravemente omissivo e di tale condotta deve rispondere l’autore o gli autori.
Piccola ed orrida chicca: dal tentato suicidio, avvenuto alle ore 10,30 circa, sono passate tre ore e mezza prima che fosse disposto il ricovero in ospedale. Ciò perché i sanitari del carcere di Teramo, ivi compresi la psichiatra ed il responsabile sanitario che hanno chiesto il TSO dopo la caduta dal letto a castello, non avevano riscontrato “app. segni di lesione”, cioè non si erano accorti che il ragazzo era ormai completamente paralizzato. Deve o no il PM di Campobasso valutare se tale condotta abbia aggravato le condizioni del Di Nunzio?
Per dovere di cronaca si precisa che la risposta alla richiesta urgentissima di trasferimento in OPG o altra struttura territoriale idonea, fatta il 9 febbraio, è arrivata dal DAP il 16 febbraio: trasferimento al carcere di Torino!
Ma come mai il Di Nunzio era recluso presso il carcere di Teramo quando la psichiatra assegnata al carcere di Pescara, subito dopo il matricidio, aveva scritto e dichiarato che “l’instabilità dell’umore ed il contenuto del pensiero bizzarro con deliri di onnipotenza rendono la permanenza all’interno di un penitenziario rischiosa ed affatto riabilitativa e terapeutica”? Fu il Gip di Pescara (che almeno tre volte ha rigettato la richiesta di perizia psichiatrica volta valutare la compatibilità del Di Nunzio col regime carcerario) a disporre il semplice trasferimento in altra “struttura carceraria diversa da quella ove è attualmente recluso”. Successivamente, fu sempre il Gip di Pescara a dichiarare, in sede di rigetto di revoca della detenzione in carcere, che “alcun elemento è sinora emerso dalle indagini da cui inferire una condizione di incompatibilità di Di Nunzio Valentino al trattamento carcerario”. Non vi è dubbio che l’aver ignorato quanto espressamente dichiarato dalla psichiatra del carcere di Pescara costituisce grave colpa del Magistrato; se tale colpa abbia consistenza penale è valutazione che gli attuali magistrati inquirenti devono assolutamente e specificamente fare e concludere a mezzo di adeguata motivazione.
Infine, va sottolineato il grave errore commesso prima dalla psichiatra del carcere di San Vittore e poi dal DAP. La prima ha sbagliato la diagnosi, qualificandola quale “disturbo bipolare”, ed ha dichiarato la compatibilità del Di Nunzio con il regime carcerario disponendo il trasferimento in una struttura penitenziaria, dove avrebbe dovuto essere semplicemente “monitorato con visite di controllo psichiatrico e farmacologico”. Il secondo, il DAP, ha gravemente errato disponendo il trasferimento presso il carcere di Teramo, dove neanche il monitoraggio psichiatrico e farmacologico era praticabile. Infatti, come dichiarato a verbale dalla psichiatra Asl addetta al carcere di Teramo, “la consulenza psichiatrica nell’ambito del carcere di Teramo viene espletata in 3 giorni settimanali, per 15 ore complessive, con orario stabilito dalla ASL dalle 8,45 alle 13,45. Le consulenze vengono effettuate su richieste o del medico di guardia o su segnalazione stessa dei detenuti previa domandina scritta”. Infatti il Di Nunzio, che doveva essere “monitorato”, fu sottoposto a n. 3 colloqui psichiatrici nell’arco di 43 giorni e sempre su richiesta del medico di guardia. Qualcuno deve o no rispondere di atti e fatti che hanno condotto il Di Nunzio in una struttura in cui è stato facilissimo cercare e trovare la morte?”.


10 Luglio 2013

Categoria : Cronaca
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