Province, una “tigna”
La Consulta cancella il decreto Monti che azzerava (non si sa però come e quando) le province, e non passano 24 ore che il governo Letta torna alla carica, ribadendo con caparbietà : ci riproviamo con un altro decreto, stavolta costituzionale. Le province sono, a quanto pare, una “tigna” dei politici italiani. Mezza politica dice di volerle cancellare, l’altra metà tituba e propone soluzioni più morbide. I cittadini hanno l’impressione che tutti i mali di questo paese, la cui rovina è dovuta a decenni di malaffare e di sconcezze in nome del potere, si annidino nell’ente provincia. Qualcuno arriva a pensare che, tolte di mezzo le province, come d’incanto l’Italia torni ricca e con un aperitivo in mano, tipo Milano da bere degli anni Ottanta. Ricca come una mantenuta di alto bordo, opulenta come la California, seria e composta come la Svezia. Insomma, tutto il male del mondo sono le province.
Forse non è esattamente così, visto anche il problema personale. Gettando nel cestino gli enti, lo Stato dovrà tenersi i loro dipendenti, allocarli da qualche parte e soprattutto continuare a pagarli. Il risparmio consisterà in qualche fitto di meno, qualche auto blu parcheggiata, qualche gettone non pagato, qualche stipendione (politico) trattenuto nelle casse. Se è questo il gran programma risparmioso di Letta, lo dica. Non ci tenga in bilico sul rasoio, province sì, province no. Magari pensi anche a qualche altro problema, davvero non gliene mancano.
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