Lo sciame sismico dei cittadini aquilani
L’Aquila – Da Eugenio Giangiulio riceviamo: “Avevano ragione gli esperti della Protezione Civile e gli scienziati della Commissione Grandi Rischi: dopo il sisma del 6 aprile si sarebbero susseguite solo scosse di limitata importanza, con qualche picco di maggiore forza. Fantastico, tutto previsto, non si dubiti, tutto è sotto controllo da parte degli angeli che ci proteggono.
Ciò su cui noi aquilani terremotati non eravamo stati allertati, ciò che non avremmo mai potuto immaginare, è lo sciame sismico, di intensità superiore a quello a cui tutti si è sottoposti nel normale cammino della vita, che ci sta travolgendo da sei mesi, consumandoci nelle forze, nella speranza, nella fede della rinascita.
Questo sciame sismico, che ha travalicato spesso i suoi confini con scosse anomale, ha per origine faglie diverse, faglie che percorrono trasversalmente le nostre persone, con differenti ricadute pericolose sulle vite di ogni sfollato assistito e di chi ha scelto, male minore, di uscire dal circuito virtuoso della Protezione e vivere nella sua abitazione, benché essa sia totalmente inagibile con esito E, con acqua non proprio dai caratteri organolettici puri, e senza fornitura di gas.
Non abbiamo un sismografo sociologico, ma i movimenti tellurici ci sono stati, ci sono e ci saranno, e gli umori della gente, gli articoli numerosissimi sulla Rete che hanno fatto diventare improvvisamente gli aquilani un popolo di scrittori e commentatori, hanno mostrato lo spostamento, la velocità e l’accelerazione del mutamento socio-economico della città dell’Aquila in funzione del tempo.
Ma vediamo nel dettaglio quali le faglie socio-economiche e istituzionali che stanno interessando le nostre coscienze e le nostre vite, le nostre speranze e le nostre paure.
Appena le onde del sisma fisico hanno terminato di disegnare le loro fasi, abbiamo visto arrivare orde di angeli salvatori, quella Protezione Civile che, su determinazione governativa, ha dato il via alla diaspora che, nelle intenzioni, doveva far sentire gli aquilani in vacanza, negli alberghi sulla costa gli amanti del mare, e in campeggio naturalistico coloro che, volontariamente, avevano scelto l’”aria fina” dei nostri monti.
Le due faglie, Protezione Civile e Governo, hanno scosso le coscienze e fatto affiorare ciò che nella nostra vecchia città, che allora si chiamava L’Aquila, non aveva mai costituito un problema: la bagarre, che diverrà secolare, su chi sia più parassita a spese dell’ospite Stato, se colui che sedeva al tavolo di un hotel (non necessariamente sulla costa) o colei che sedeva nella mensa di un camping di accoglienza. La questione è diventata così importante che ancor oggi la nebulosa cortina fumogena che solleva sopra la nostra nuova città, del cui nuovo nome dovremo prima o poi occuparci, occulta le impalcature dei cantieri della ricostruzione.
E lo sciame sismico mostra ancora la sua cieca ottusità quando la faglia dei codici di agibilità spacca l’economia del terremoto e scatena conseguenze inimmaginabili: gli esiti A, contenti della resistenza delle proprie abitazioni si rendono conto che non vedranno un euro, ma avranno per mesi assicurato cibo e alloggio comunque; gli esiti B e C si dividono, c’è chi cerca di martellare per passare in E ed entrare nel progetto CASE, c’è chi si imbizzarrisce con i condomini e gli ingegneri affinché si possa passare ad una classificazione “inferiore” e cercare di rientrare presto; gli esiti E si fregano le mani per i presunti grandi vantaggi economici, salvo nemmeno pensare, e piangere, a rioccupare la propria abitazione se non in tempi lunghissimi, dettati anche dalla convenienza di qualche amministratore di condominio che cerca di procrastinare i tempi e aumentare la quantità di lavori per poter gestire una amministrazione condominiale straordinaria e i soldi che il decreto Abruzzo assegna loro per le parti comuni dei condomini.
E poi ecco la nuova faglia, il Sindaco con Giunta e Consiglio, e allora tutti i cittadini, scandalizzati poco, ma vogliosi di una rivincita improbabile, scoprono che alcuni, che certo non hanno perso lavori e che dovrebbero dare un esempio morale, si sono sistemati non negli alberghi dei vacanzieri aquilani di piccola e media borghesia, né nelle pur lussuose tende dotate di conditioner air e internet connection wi-fi free, ma in ameni luoghi aristocratici dove, accompagnati dagli angeli salvatori, sono arrivati per caso…
Ci hanno spiegato nel frattempo che se una faglia si scarica, probabilmente ce n’è un’altra che si carica: è l’inchiesta giudiziaria, “li arresteremo tutti”, inizia la caccia al depauperatore della sabbia marina, già in molti si fregano le mani per l’occasione e altri si indignano con un insospettabile moto di orgoglio. La faglia giudiziaria si insinua a fondo nell’immaginario collettivo e in tv, al Comune di una città del sud, ci si difende da attacchi di malacostruzione dicendo “…noi non costruiamo mica come quelli dell’Aquila…”. Ma si sa, sotto le macerie sono rimasti in tanti, bambini, giovani, adulti e anziani, bisogna promettere giustizia, per settembre si dice, si dice che pagheranno i costruttori, no, si dice che pagheranno gli amministratori, si dice che siamo ad ottobre, i costruttori continuano a costruire, gli amministratori ad amministrare…
E se la Casa dello Studente ha pagato un caro prezzo, ecco l’Università, faglia prepotente e potente, che chiede locali, chiede la caserma della GdF, chiede la Romolo Reiss, si assolve dalle responsabilità, piange cali di iscrizione, non sembra nemmeno contenta che le abitazioni del progetto C.A.S.E. saranno destinate, dice il Premier, agli studenti, una volta che tutti (tutti?!) saranno tornati nelle loro case (anche chi non l’ha più o era in affitto?!). E saranno contenti, i tanti più o meno piccoli proprietari di seconde, terze e quarte case nella vecchia L’Aquila, di sapere che non potranno più affittare agli studenti perché ci pensa lo Stato-Comune…
Già, il progetto C.A.S.E., tra le faglie più estese e pericolose nel nostro avvenire. Opposizione alla new town berlusconiana, si accettano diciannove zone abitate, qualcuno le chiama agglomerati popolari. Certo è che le case in legno-ferro-cemento sono repentinamente create dal nulla, in zone strategiche (?!), posizionate sul territorio come se anch’esse partecipassero alla diaspora aquilana. La faglia è estesa, ha molte ramificazioni, e il censimento dei primi di agosto è uno di esse; autocertifichiamo tutto, poi si vedrà, in fondo tutti ne hanno diritto, perché discriminarci da soli? Ne vedremo gli effetti quando saremo chiamati a presentare le certificazioni, per adesso è presto, è agosto, il mese che porta oziose ore al mare, chi c’è gongola, gli altri partono al mattino presto dalle tende dei camping montani e pur con qualche sacrificio riescono ad abbronzarsi come non mai.
Nel frattempo ci si mobilita in tutta Italia per preservare la nostra salute mentale, e la lunga e trasversale faglia gossip-culturale-politica sfila a L’Aquila nei campeggi di accoglienza, con veline, calciatori e calciati, musicisti e musicanti, politicanti, teatranti. E tutti vogliono entrare nel triste Comune di Onna, tralasciando un po’ la frazione dell’Aquila, così come quelle di Sant’Eusanio, Villa Sant’Angelo, Castelvecchio, nella quali l’assenza di telecamere offusca il paesaggio e rende gli abitanti simili a fantasmi che cercano disperatamente di uscire dalla loro forma ectoplasmatica.
Così arrivano i Comitati, a decine, obiettivi diversi o obiettivi a decine. Anche questa faglia divide il territorio, si fa riferimento al movimento no-global, oppure ad una pretesa di ricostruzione del centro storico, alla messa in sicurezza delle scuole, ai metodi per la ricostruzione della città.
E per la prima volta la nuova città, dal nome ancora sconosciuto, accoglie un G8 di tranquillità moribonda, lo schieramento di sicurezza supera se stesso e attende forse missili terra-aria-terra, perché noi siamo al mare ed in campeggio, non possiamo dubitare, e anche i Comitati non vogliono turbare la quiete dei cipressi lungo i viali. A Roma qualcuno manifesta, ed uno striscione capeggia innanzi a tutti, “Il G8 è un terremoto”, ma così non è, è solo un’altra faglia, l’ennesima faglia che attanaglia le nostre emozioni di ex cittadini aquilani, ma a cui ci stiamo intanto abituando.
Sì, ci si abitua, anche se le lacrime sgorgano copiose quando le tv nazionali ci dicono che è stato riaperto il centro storico di quella che era L’Aquila una volta. I media, tv e giornali che inabissano la nostra realtà, e il Titanic risolleva la sua prua proprio quando sembrava stesse per affondare. E’ un trucco, un trucco cinematografico, ma come in un film l’incanto e la speranza prendono il sopravvento sulla tecnica, così ci si convince, quasi anche noi a L’Aquila, che la città sta rinascendo, sta volando alto.
Così convincente il trucco mediatico, che vediamo un’altra faglia, nuova e inaspettata, aprirsi lungo le strade di quella splendida città che era L’Aquila: a frotte, con macchine fotografiche digitali, teleobiettivi, fotocamere e panini al sacco, arriva la faglia dei turisti. Tutto viene minuziosamente fotografato (che peccato però aver rimosso i morti!!!), entrano nei condomini, negli androni dei palazzi, fotografano entro le nostre case, i nostri figli, i visi che la memoria invecchia, scorrono nel film della città ricostruita con legno puntellante, impalcature in nero e oro (quasi a voler sostituire quei simboli mancati di una processione pasquale) e cricchetti fascianti che ricordano gli infanti nella nostra adolescenza.
E non poteva mancare, al capolinea di questa processione infedele, la preghiera che si alza in piazza Duomo, di fronte allo spettacolo fantascientifico della nuova cupola della Chiesa delle Anime Sante. Il Vescovo prega, e tra una preghiera e l’altra scorre con occhio vigile le mappe catastali, e prega, elencando in una elegia il mistero del terremoto, il mistero dei morti, il mistero della vita, il mistero della faglia.
Troppe le faglie, troppe le scosse, troppo lungo e intenso lo sciame sismico per gli aquilani, per una piccola città di provincia dove “non succede mai niente…” (Nella foto: Storica foto della Commissione Grandi Rischi riunita a L’Aquila per concludere che… si poteva stare tranquilli. Era il 31 marzo scorso)
P.S.: Già, dimenticavo il nuovo lessico, divertente e fantasioso, l’ultimo scossone con cui tutti, dai bambini agli anziani, abbiamo imparato a convivere: C.A.S., Di.COMa.C., C.O.I., M.A.P., C.O.M., M.U.S.P., C.A.S.E., …
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