L’abitante del centro Gianni Di Cesare


L’Aquila – (di G.Col.) – Il vostro cronista deve trovarsi in centro alle 8 e 15 minuti. Ovviamente, parte di buon’ora dalle sue periferie per non far tardi. Oggi muoversi per L’Aquila è diventato un problema e, come sintetizza qualcuno, quello che si faceva “prima” in un’ora, oggi richiede una mattinata. Alle 8 siamo in piazza Duomo. Assolutamente e totalmente deserta, ma assolata, con un sano freddo quasi autunnale sostituto improvviso dell’afa. Persino gradevole, in fondo.
Il pavimento della piazza è sconnesso, frammentato, sporco, costellato da residui edilizi venuti chi da dove. Una immensa gru gialla gira silenziosa sui palazzi di via Sassa. Degli operai, con molta calma, stanno attrezzando un’altra gru, azzurra, nelle vicinanze di via Cimino. Nel bar Nurzia solo tre clienti che parlano di soldi. Forestieri, chi sa quali soldi intendono. E di chi.
La banca verso la quale siamo diretti apre alle 8 e 15. Attesa in mezzo alla piazza, al Sole. Dalle parti di via Arcivescovado si materializza la silouette di un uomo alto con un cane dal pelo biondo che zampetta cordiale e mansueto. Chi è quell’uomo, unico passante? Ma è Gianni Di Cesare, segretario regionale del sindacato CGIL. Che fortuna, per un cronista, incontrarlo, dopo aver letto che è praticamente l’unico residente lungo l’asse del centro storico…
Saluti, qualche chiacchiera. Come va, che si fa, è vero che sei l’unico abitante da queste parti?
— Certo, da due anni. Abito in via Crispomonti (una stradina nei pressi di piazza Duomo). La mia casa, a forma di L, non ha avuto grandi danni, anzi pochissimi, e così ci sono tornato con mia moglie e mia figlia.

Una sensazione alienante vivere in un centro senza nessuno, è dura?
—No, ci siamo ormai abituati. Magari i primi tempi era differente… Forse per mia figlia è più difficile accettare una città senza persone in centro. Per mia moglie sicuramente lo è. Sai com’è, io viaggio quasi tutti i giorni… Su e giù per l’Abruzzo… Oggi vado prima a Pescara e poi a Lanciano.

Com’è andata all’inizio?
—E’ andata che è stato un problema immenso avere servizi, per esempio il gas, il telefono. Ostacoli, burocrazia, ritardi. Ma poi ce l’abbiamo fatta. Io sono, del resto, sempre restato a L’Aquila. Non ho mai pensato di lasciare la città, anche se la CGIL regionale è a Pescara.

Nessuno vi ha dato una mano, un incoraggiamento, un riconoscimento?
—No, proprio no, e non è che qualcuno ha incoraggiato la nostra decisione. Se sperano che la gente faccia la fila davanti a porta Bazzano per rientrare in centro, sbagliano. Speriamo che le cose cambino. In meglio, sarebbe anche ora…

Gianni Di Cesare ha scelto i silenzi del centro semideserto, più profondi e struggenti nel dedalo di stradine della parte antica della città “sferutata” dal terremoto. Proprio lui che è abituato alle folle, ai discorsi, alle platee inquiete, alle fabbriche, alle manifestazioni. Il cronista sente che bisogna congratularsi con lui per l’affetto tributato, in silenzio, alla città che soffre. Si congratula.
Il cane ci rivolge uno sguardo buono e scodinzola appena appena. Poi cammina accanto al padrone, anche lui mutamente devoto alla città che – caninamente – gli appartiene: odori, sentori, solo qualche ostile gattone tra le case dirute. Pochi uccelli svolazzanti fin dentro gli appartamenti sfinestrati e vuoti. Solitudine vuol dire rinuncia. Ma, del resto, quanti hanno rinunciato alle cose dell’altra vita? Quel 6 aprile tante pagine si chiusero nei pochi secondi del tremore violento e selvaggio. Per molti, non si sono riaperte e non si riapriranno.
Per pochi altri, c’è un nuovo libro da leggere. Magari “Alla ricerca del tempo perduto” di Proust.


26 Giugno 2013

Categoria : Le Interviste
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