Economia green, altro che decrescita…
L’Aquila – “Credo fermamente che il futuro sara’ dell’economia “green”, cioe’ di quella crescita industriale che sapra’ rispettare il proprio territorio, e cosi’ valorizzarlo. Non credo affatto nella teoria della ‘decrescita felice’ e ai fautori di certo ambientalismo integralista che rischiano di riportarci indietro di secoli”. Lo afferma il presidente di Confindustria L’Aquila, Fabio Spinosa Pingue (foto). “Sono un fervente, appassionato sostenitore della salvaguardia dell’ambiente e della diversita’ biologica e culturale, sono un imprenditore che sui valori del rispetto del territorio ha costruito nei decenni la propria impresa, ma so che una regione per crescere ha bisogno di industria, di posti di lavoro, di ricchezza. In questo cambio epocale, forse il piu’ dirompente della storia moderna – prosegue – c’e’ indubbiamente un ruolo che deve svolgere l’Europa, un ruolo che deve fare il governo centrale ma c’e’ anche un ruolo che deve svolgere il Territorio. Ad esempio sul tema dell’attrattivita’ dell’industria stiamo facendo passi indietro.
Sono preoccupato della piega che hanno preso quasi tutte le discussioni intorno al bene comune in Italia. Siamo ridotti al tifo da stadio su ogni questione, da quelle poco piu’ che simboliche (l’Imu o il prossimo Presidente della Repubblica) a quelle vitali per il nostro futuro: l’energia, le infrastrutture, il mercato del lavoro, la politica industriale. Non esistono tavoli intorno ai quali si discuta seriamente dei pro e dei contro delle strategie che adottiamo, ma soltanto eterni, ripetitivi talkshow mediatici in cui ciascuno va a difendere una posizione precostituita, sostenuto da idoneo parterre di tifosi. Vedo in giro tanti Soloni, troppa gente che pontifica, senza nutrire alcun dubbio, sull’unico futuro dell’Abruzzo: cultura, turismo e agroalimentare. Bene, sono d’accordo, ma l’industria? Pensiamo davvero di poter deindustrializzare senza rinunciare al benessere che abbiamo faticosamente conquistato dal dopoguerra? E magari sono gli stessi che danno forza a qualche dirigente a bloccare, con motivazioni risibili quali le difficolta’ di trasporto (quando i terroristi trasportano financo l’uranio), il trasferimento della Statua del Guerriero di Capestrano al Louvre Museum. Quanti, tra questi profeti del futuro agroalimentare dell’Abruzzo hanno visto dal vero qualche vitigno? Quanti sanno distinguere una pecora da una capra o conoscono qualche agricoltore in carne e ossa? Sanno che significa lavorare la terra? Sanno che i raccolti, ed i redditi, sono per 365 giorni all’anno legati alle condizioni meteo? Che una stagione infelice o un capriccio meteorologico possono inficiare il raccolto annuale e non basta l’intero calendario da sciorinare per le imprecazioni? O pensano che in agricoltura o in zootecnia il successo si costruisce con il marketing o il packaging giusto?
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