San Giuliano, il Lochetto torna fruibile – Un tenue alito di speranza per gli aquilani
L’Aquila – (di G.Col.) – (Foto: in evidenza restauro e dettaglio dell’interno, sotto il complesso e una delle corti) - Ci sono luoghi storici particolari, celebri come Collemaggio per la loro imponenza, per gli enigmatici e ritrosi rapporti con personaggi di grande profilo come i Templari, e ci sono luoghi speciali per la gente, che rappresentano un legame profondo quanto inspiegabile. Per L’Aquila, San Giuliano è uno di tali luoghi, e da oggi è fruibile come prima del 2009 il Lochetto, detto anche il conventino immerso nel dilaniato bosco omonimo. Distrutto dal fuoco nel 2007. Come, nel 2009, fece il terremoto per il monastero. Due stilettate per gli aquilani, credenti, fedeli, non fedeli, laici, giovani, vecchi, donne, ragazzini, intellettuali, incolti, agnostici, mangiapreti. Non fa differenza. San Giuliano è San Giuliano, insieme con la vicina Madonna Fore.
Questa mattina la signora Flavia Pozzolini – capo del benemerito Soroptimist nazionale (che evidente non consuma tempo giocando a ramino…) – ha riconsegnato alla città il Lochetto ristrutturato, restaurato, restituito. Un giorno da segnare sul diario.
Un pezzetto di ricostruzione che si realizza, naturalmente grazie ad un dono. Meno male che c’è chi dona, come ha fatto il Soroptimist. Autorità tante, aquilani non molti, ma alcuni commossi. San Giuliano “maggiore” è ancora prostrato dal sisma, ma tornerà , si spera. Per ora c’è il conventino, il lochetto. Il monastero nella sua multiforme interezza resta immobile e muto ai piedi del colle di Castelvecchio, la collina un tempo molto verde che faceva da contraltare, nel panorama aquilano, a Monteluco, anche lui smozzicato da un incendio l’anno scorso. Fuoco, terremoto, carestia: le tre piaghe aquilane che si susseguono dal 2007. Speriamo siano meno numerose di quelle d’Egitto o della Bibbia.
Abbiamo già dato.
San Giuliano (al quale tutti sono legati visceralmente per qualche motivo (sia pure un’infrattata amorosa di tempi remoti, una gita, un pic nic, un’ascensione alla croce di Castelvecchio, quel che si vuole) è un complesso che, come spiega l’Archeoclub, risale al 1415, tra i primi in Italia di osservanza francescana rinascimentale.
Sia il complesso maggiore che il conventino, più piccolo e modesto, sono legati ad un altro enigmatico e simbolico personaggio, San Giovanni da Capestrano. Fu saccheggiato con icastica laicità gallica dai francesi nel 1798 (tempi brutti per preti e consimili), ricostruito in seguito e prese l’aspetto che ha oggi solo nel 1875. Contiene affreschi dedicati al santo di Capestrano e alle sue gesta (anche guerresche), pregevoli scorci ed elementi architettonici, una biblioteca di 45.000 volumi (speriamo si siano salvati), un museo di storia naturale che il turismo ha sempre ignorato. A L’Aquila, è notorio, cultura significa concerti e teatri. La scienza è ciarpame secondario.
La passeggiata per San Giuliano torna ad avere una meta. Una salitaccia, che fiatone per i culi di piombo avvezzi al Mc Donald’s. Però, per chi è ancora vivo (dentro), anche una scoperta indimenticabile, per tenere teso il filo della storica affezione aquilana verso quel luogo suggestivo e panoramico. Oggi la città (molto ex città ) che si vede da lassù è irta di gru, ma anche di tetti sfondati e mozziconi di case. Un domani, altri torneranno a riscoprirne il volto, da San Giuliano.
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