Stima per Legnini, ma anche proteste
La massima stima (che del resto c’era già da prima che diventasse sottosegretario) a Giovanni Legnini, che è un politico serio, pacato, aduso a documentarsi prima di affrontare un problema. Ma anche dissenso quando dice in un’intervista “adesso a L’Aquila basta con le proteste”. No, sottosegretario: L’Aquila e il cratere protesteranno finchè non vedranno centinaia di cantieri aperti e animati dai consueti rumori tipici: palanche sbattute, cigolii di gru, tran-tran monotono di impastatrici di cemento, grida di operai, motori accesi. La ricostruzione dei centri storici. Per il momento, la sola cosa consentita dopo 50 mesi, è la protesta.
E’ distorsivo, insano, che in un paese civile per ottenere il diritto di esistere si debba protestare, d’accordo. Ma è anche la sola cosa che rimane alla gente, sempre più spesso in un’Italia che nega a milioni di persone semplicemente vita, presente e futura. Su questa barbarie sociale riflettano i politici, o forse hanno già riflettuto e anche molti di loro non trovano altro da fare, se non urlare disperate, estreme proteste. Come il sindaco Cialente. Come dargli torto? Come chiedergli calma e autocontrollo? Le sue urla, mettendo da parte critiche e dissensi che spesso ha mietuto e miete, sono l’extrema ratio. Come dire: non sappiamo cos’altro fare per far capire che esistiamo, impolverati tra macerie fisiche e morali, simili a zombi sdentati e macilenti, ma esistiamo. Cogito, ergo sum. Qui cogitare vuol dire urlare a squarciagola. Per ora, almeno.
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