Comunità montane condannate, e i servizi?
L’Aquila – Scrive Goffredo Juchich di Rifondazione comunista circolo Casamobile: “Venerdì 14 giugno alle 16 presso la sala consiliare del comune di Pizzoli si terrà un incontro dal tema:”Chiusura delle Comunità Montane, quale futuro per i servizi sociali”. Credo che per affrontare la discussione in modo costruttivo sia utile riassumere brevemente la situazione dei servizi erogati dalla comunità montana montagna dell’Aquila. l’Ente principalmente eroga i servizi sociali e quelli di contabilità per i tredici comuni che ne fanno parte.
Ci lavorano al momento solo cinque persone perchè le altre nel corso di questa vertenza che porterà alla chiusura della comunità , dicono dalla regione entro novembre 2013, hanno usufruito della mobilità verso altri enti. siamo quindi al paradosso che a parità di condizioni contrattuali il personale rimasto in organico non avrà la copertura per il riassorbimento da parte della della regione abruzzo che, nella legge 1/2013 sul riassetto del territorio, prevede la riassunzione nella propria pianta organica solo per i lavoratori con un rapporto stabile da prima del 2008. nessuno di loro possiede questo requisito essendo stati stabilizzati nel 2010.
Questo è il primo aspetto del problema perchè, oltre all’evidente ricaduta in termini di livelli occupazionali, si tratta di personale specializzato nella gestione dei servizi sociali(psicologa, assistente sociale e impiegati) che sono fondamentali per mantenere in vita il comparto della rete sociale a prescindere da chi, dopo la scadenza di novembre, dovrà farsene carico. L’altra grande partita aperta è rappresentata dalla convenzione con la quale la comunità montana esternalizza l’erogazione dei servizi alle cooperative sociali. In questo caso ci sono almeno cinquanta lavoratori, tre cooperative e oltre duecento utenti tra disabili gravi, minori e anziani che rischiano, i primi il lavoro, e gli altri l’assistenza domiciliare. Parliamo tra l’altro di categorie debolissime a cui il personale delle cooperative fornisce assistenza percependo, da anni, uno stipendio su tre quando va bene. La convenzione, che trova la sua scarsa copertura economica nei piani di zona, scade a dicembre 2013, quindi abbiamo un rapporto tra comunità montana e cooperative sociali che, contrattualmente, manderà sul posto di lavoro gli operatori anche dopo la chiusura dell’ente appaltatore(se dovesse trovare conferma la data di novembre2013). Siamo all’assurdo.
La regione nello smantellare le comunità montane con un provvedimento discutibile(almeno nel nostro ambito) ha totalmente rinunciato al suo ruolo di coordinamento nel riassetto del territorio delegando a questo compito i piccoli comuni invitandoli, senza nessuna copertura economica e giuridica, a fare le unioni comunali. I piccoli comuni al momento non hanno la capacità e gli strumenti per farle e sono in alto mare. Tra un pò assisteremo alla paralisi totale del settore. Credo sia decisivo costringere la regione a coordianare la costruzione delle unioni comunali come sta avvenendo nelle altre regioni che hanno fatto provvedimenti analoghi.
L’obiettivo non può non essere quello di tenere in vita la rete di protezione sociale facendo salvi sia i lavoratori delle cooperative sociali che operano attualmente,mantendo in essere questa convenzione che ci garantisce che le cooperative che si avvicenderanno nella gestione saranno costrette a mantenere i lavoratori al loro posto(art.37 CCN cooperative sociali), sia gli interni riassorbendoli e distaccandoli all’unione comunale per proseguire nel delicato lavoro che svolgono sul territorio. Questo per quanto confuso e preoccupante è il quadro che abbiamo di fronte”.
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