Chi a Roma vuole la nostra morte?
(Foto – Londra, aprile: il Financial Times fotografa L’Aquila ‘ruined city’) – Roma non vuole o non è in grado di decidere quale futuro avrà L’Aquila, al centro del suo cratere polverizzato. Roma non è capace e neppure consente che qualcuno, con degli emendamenti, le dica come fare. Ciò significa che siamo all’ora delle decisioni vitali. Un anno di risorse per aprire dei cantieri, naturalmente, a L’Aquila non può bastare. E’ come se ad un malato si dicesse: ti dò medicine per un anno, poi vedremo, caso mai crepi e chi s’è visto, s’è visto. Inutile dire che 4 anni fa, aveva ragione chi (Cialente) chiedeva semplicemente una tassa di scopo. E chi chiedeva (molti, anche migliaia di cittadini con le loro firme finite chi sa dove) una legge per la ricostruzione dell’Aquila, i suoi fondi, i suoi tempi. Sarebbe stato tutto così lineare, così limpido (anche se pesane da digerire per gli italiani, specie quelli del Nord), e oggi ne saremmo fuori, tra cantieri e scadenze certe. Facile, limpido, razionale: quindi non italiano.
Per sovrappeso, oggi – cattivo gusto sommo – Equitalia viene a dire che è ora di ripagare le tasse. “Abbiamo aspettato anche troppo” ha detto in tv un dirigente dal sorriso nevrotico e di plastica. Bene, se lo Stato e il Governo vogliono il peggio, lo avranno. Stanno facendo di tutto per strapparlo con la forza alla gente esasperata. Ricordiamolo, questo giorno, questo maggio 2013. 50 mesi dopo il terremoto, L’Aquila distrutta di nuovo. Chi pensa di potersela cavare senza danni, sbaglia.
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