E’ sbagliato abbandonarsi alla politica
La politica italiana, in genere, e quella locale, in particolare, sono brutte politiche. Prediligono le risse e i confronti ad alta voce ai fatti. Dire più che fare. Sempre, anche quando i barbari sono alle porte e occorre difendere il focolare. Salvarsi i glutei, dicono schiettamente le voci popolari. Siamo da 4 anni nella peggiore delle situazioni, almeno nel cratere sismico e a L’Aquila, e ancora una volta la politica sceglie lo starnazzare da pollaio invece della concretezza.
Il sindaco dell’Aquila, che dovrebbe essere affiancato dagli altri sindaci del cratere – e invece è solista obbligato – tenta di mettere in piedi un’azione, anzi una reazione contro le lentezze e le angherìe romane. Prova a rompere l’inerzia, l’inettitudine di tutti di fronte al problema aquilano: vivere o morire. Forse lo fa con eccesso passionale, forse sceglie i toni poco pacati, al posto delle gelide riflessioni strategiche. Strilla, dà l’allarme, pone ultimatum e termini perentori. Tocca il tasto delicato della bandiera, del tricolore, dei simboli tanto cari ad una Repubblica polverosa e ottocentesca. Anche altrove simboli e riti sono cari ai regnanti e ai cittadini, ma sempre accompagnati da concretezza e capacità qui assenti o ignote.
Il sindaco poteva essere rimproverato, non condiviso, ripreso, o quel che volete. Non dovevano però spuntare risse e scontri, polemiche e attacchi. Dovevamo essere tutti uniti per puntare sul risultato. Così non è, ancora una volta. La politica peggiore ha prevalso. Ne pagheremo le conseguenze. Direte: cos’altro dobbiamo pagare, se siamo allo stremo? Il prezzo più straziante: apparire a tutti come deboli, irresoluti, litigiosi, divisi. Quindi inefficaci, non temibili. Da non prendere sul serio.
Non c'è ancora nessun commento.