Tutti alla giornata, anche il sindacato…
L’Aquila – (di Angelo Ludovici, segretario PdCI, foto) – Mi trovavo, per pagare le solite bollette, presso un Ufficio postale e mentre attendevo il mio turno, una signora vicina a me al telefonino diceva ”…ma sei iscritta all’UGL o alla CGIL?….e continua “…ah, a nessuno dei due? Bene, non ti iscrivere a nessuno…”. Era una bella signora, non molto giovane, aveva in mano delle carte di una grossa Società di servizi del Nord, che opera a L’Aquila da dopo il terremoto e sicuramente era un’impiegata. Ho pensato: dall’altra parte del telefono, sicuramente, una precaria neoassunta, alla quale gli si tastava il polso sulla sua volontà di iscriversi al sindacato.
Generalmente non ascolto le telefonate ma quando ho sentito “UGL o CGIL” i segnali recettori del mio cervello sono scattati ed è stato inevitabile…A quel punto, però, mentre aspettavo pazientemente, per aver fatto almeno quarant’anni di militanza sindacale nella CGIL, i pensieri ed i ricordi mi hanno travolto. La prima cosa che mi sono chiesto è su quale base ci si iscriveva al sindacato. Al sindacato ci si iscriveva con diverse logiche e motivazioni: alla CGIL per un forte senso di appartenenza, alla CISL e alla UIL per essere facilitati nella carriera. Negli anni ’70 il sindacato di destra non esisteva e molti militanti della destra si iscrivevano alla UIL, mentre la CISL si caratterizzava come sindacato cattolico. Questi tre sindacati, in ogni caso e al di là della loro volontà, hanno scritto significative pagine della storia del nostro paese.
Dopo il ’68 furono capaci di misurarsi sul terreno dell’unità sindacale rinnovando la dirigenza e misurandosi sul piano democratico dal basso che non era a loro incline. I Consigli di Fabbrica furono i luoghi e le sedi per esercitare la loro capacità di direzione politica e sindacale. Nelle fabbriche si esercitava un forte esercizio democratico con l’elezione dei Consigli dei delegati: ogni operaio o lavoratore era elettore attivo e passivo, gli esecutivi erano sottoposti a continui rinnovamenti e le “purghe” avvenivano in assemblea. L’Assemblea, quindi, era il luogo dove si esprimeva il massimo del controllo dei militanti sindacali e per la sostituzione di coloro che commettevano “errori” non si guardava in faccia a nessuno. C’era una forma di disciplina costruita sul fatto che i delegati erano “precari” e potevano essere sostituiti in ogni momento. Questa spinta dal basso impresse un forte rinnovamento del sindacato. Ma come succede spesso nella storia, quando la base arriva ad esprimersi al meglio di se stessa, scattano dei meccanismi di autoconservazione degli apparati e degli uomini che li controllano. Come non ricordare quando agli operai metalmeccanici, nel 1973, fu chiesto di sacrificare i giusti aumenti salariali per una maggiore occupazione.
Erano gli anni in cui si iniziava a sperimentare, con il governo provvisorio di centro destra di Andreotti, la politica dei due tempi, così come si chiede oggi. Non funzionò allora, immaginiamo oggi con una classe operaia in ginocchio davanti alla potenza del profitto e del capitale. Quella spinta del ’69 operaio fu sconfitta proprio dagli apparati (oltre che dalle bombe di Piazza Fontana) che dagli inizi degli anni ’70 anteposero le compatibilità dell’impresa a quelle salariali e di difesa delle condizioni di vita nelle fabbriche. Gli apparati, di fatto, si misero al servizio delle imprese e del capitale. La svolta dell’Eur segnò definitivamente questo passaggio. Furono gli anni in cui lo Stato investì migliaia di miliardi per le ristrutturazioni industriali e che, inevitabilmente, portò al restringimento della base occupazionale. Furono gli anni in cui l’impresa iniziò a “delocalizzarsi” in altri paesi. In quegli anni il sindacato, anzichè rafforzare il processo partecipativo della base chiuse, di fatto, l’esperienza dei Consigli ed in tutti questi anni ha sempre pensato e pensa ad un modello “democratico” dove CGIL, CISL e UIL, al di là dei risultati elettorali, hanno sempre la maggioranza e quindi il controllo dei posti di lavoro. La signora nella sua telefonata diceva : “… bene, non t’iscrivere a nessun sindacato…” e per me una risposta del genere mi lascia schiacciato ed impotente, perché è la sintesi di una fase in cui anche il sindacato e i suoi apparati vivono alla giornata, tra una riunione ed un’altra, tra un convegno ed un altro, tra un’assemblea finta ed un’altra finta, tra una trattativa per la cassa integrazione ed un’altra sempre contrattare la cassa integrazione. La noia li avvolge nella loro routine ed allora l’unica cosa seria che fanno è quella di farsi la guerra tra di loro. Vi sono degli appuntamenti importanti, che almeno io li avverto come tale, la manifestazione della FIOM a Roma per il 18 di maggio ed in Città non c’è neanche un manifesto. Eppure, c’è gente pronta a mobilitarsi e ad impegnarsi per partecipare a questa ed altre iniziative, ma l’apparato dorme sonni tranquilli…la delega e qundi lo stipendio arriva puntualmente alla fine del mese.
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