Il divo, un signore ironico e intelligente
Lo chiamavano il divo Giulio, titolo quasi da romanità imperiale. Giulio Andreotti, che ha lasciato il mondo questa mattina a 94 anni, era un signore arguto, urmoristico, ironico. Intelligenza penetrante, cultura, altissime capacità politiche. Aveva tutti i requisiti per essere – ed era – il politico italiano più noto nel mondo. Chi scrive ha avuto il privilegio, diciamo a questo punto anche l’onore, di intervistare Andreotti in tv almeno sei volte, a L’Aquila e a Pescara.
Una volta per 22 minuti nell’atrio dell’Hotel Le Cannelle a L’Aquila, tra luci e sguardi di molte persone assiepate, compresi un nugolo di agenti della Digos e della sicurezza che da Roma seguivano Andreotti forse anche nel bagno, passo passo, sempre, immancabili, tutti con una mano sotto la giacca scura abbottonata. Una lunga, piacevolissima intervista, che però non fu registrata per un guasto tecnico. Roba da scavarsi la fossa e adagiarvisi, per un giornalista e per un tecnico televisivo. L’unico a non perdere la calma fu il divo Giulio, che disse: “Le concedo ancora 15 minuti, ricominciamo”.
Qualcosa di simile ci capitò con Craxi: venti minuti, bella intervista, a Palazzo Chigi. Ma quando il premier si accorse di avere schizzi bianchi di dentifricio sul volto, volle rifare tutto da capo…
La morte di Andreotti impoverisce l’Italia, pollaio in cui razzolano ormai pochissimi politici di rango e di cervello. Addio, presidente a ripetizione, ministro in eterno, premier a cascata. Senza il divo, dovremo accontentarci delle comparse e dei caratteristi. Non siamo poveri sono economicamente, oggi, in Italia.
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