Un disperato, uno dei tanti italiani
I colpi di pistola calibro 22 sparati da un uomo questa mattina a Piazza Colonna, a Roma, contro i carabinieri, sono il gesto di un disperato. C’è chi si uccide, c’è chi spara per uccidere altri, purchè in qualche modo rappresentino lo Stato. In ambedue i casi (dalla follia suicida a quella omicida, dice qualcuno, la distanza è minima) sono presenze drammatiche in un’Italia precipitata socialmente e psicologicamente. Precipitata in un baratro.
Tutto avveniva mentre il governo giurava. Anche questa, una scelta da parte del calabrese senza più lavoro, abbandonato nel disagio divenuto, nel tempo, furia sanguinaria. C’è ormai gente, tanta gente, che si avventa contro lo Stato, la politica, le istituzioni e chi le tutela e rappresenta. Lo facevano, secondo strategie ben più lucide e progettate, i terroristi di molti anni fa, che prendevano la mira e sparavano freddamente, ergendosi a esecutori di giustizia sommaria: giustizia del popolo, la chiamavano. Cominciano a farlo (più spesso contro se stessi, per ora) i cittadini, le persone “normali” che hanno perso ogni speranza di normalità . Non sanno più come vivere. Si sbriciolano sotto le difficoltà quotidiane che crescono, che negano tutto, anche il semplice diritto di esserci. Come speriamo abbiano intuito i nuovi governanti scelti da Letta, il momento è, più che grave, tragico e – non troviamo altre parole – disperato. Auspichiamo che i titolari del mandato abbiano la forza, l’intelligenza, la capacità di cambiare la rotta subito, nei giorni e non nei mesi che verranno. Non importa che la barra vada a dritta o a manca. Davvero non importa più a nessuno. Purchè se ne esca.
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