25 Aprile, l’Abruzzo del coraggio – Dalla Brigata Maiella ai martiri ragazzini a L’Aquila


L’Aquila – I LUOGHI E LE PERSONE – (di G.Col.) – (Foto: in evidenza e in basso il sacrario della Maiella, sotto i Nove Martiri aquilani) – Dai Troilo ai Nove Martiri Aquilani, tra tante stragi e rappresaglie naziste che portarono orrore e sangue in terra abruzzese. Dai coraggiosi partigiani della Maiella, che i diffidenti e pragmatici inglesi finirono con l’apprezzare e sostenere, fornendo loro armi e vettovaglie, ai ragazzini aquilani abbattuti a raffiche di piombo dai tedeschi senza la minima esitazione, come criminali di guerra.
La storia abruzzese è piena di episodi, alcuni dei quali (S.Agata, Bosco Martese, Pietransieri, Filetto, Onna, e altri meno noti ma non meno tragici), che avvennero alla fine della guerra mondiale, quando una parte dell’Italia decise di recuperare coraggio e dignità ribellandosi e prendendo le armi. In qualche caso, come avvenne per la Brigata Maiella (medaglia d’oro), non con generosa ma confusa partecipazione, bensì con concreto e sperimentato valore militare.
I partigiani abruzzesi, infatti, dopo la nascita a Casoli della formazione, svolsero un ruolo preminente e riconosciuto dagli alleati (spesso, come nel caso degli inglesi, non teneri con l’Italia dopo gli avvenimenti del 1943) nella guerra lungo il versante adriatico, a nord della linea Gustav, in Abruzzo, nelle Marche e in Emilia Romagna. Azioni militari di tutto rispetto, battaglie, decine di caduti e feriti, strategie valide, autentiche imprese belliche che diedero un contributo forte e decisivo alle fasi finali della guerra che fu poi detta di liberazione.
Proprio per questo le celebrazioni del 25 Aprile sono, in Abruzzo, significative e non solo rievocazioni retoriche e storiche tra anziani superstiti (ormai davvero pochi), gagliadetti e distratti discorsi di politici che, spesso, neppure conoscono la storia e gli avvenimenti di quegli amari anni ’40.
Dagli eroi forti e bravi della Brigata Maiella, che obiettivamente dev’essere uno dei pochi feri orgogli della regione (la stessa in cui molti secoli prima, ricordiamolo, era nato il nome Italia a Corfinio), agli ingenui martiri aquilani, raccontati e descritti da un libro di Corrado Colacito ripubblicato quasi nell’indifferenza generale dalla casa editrice Textus, il passo è lungo. Una formazione militare determinata e armata, a fianco degli inglesi e degli altri alleati alla conquista di grandi città come Rimini e Bologna, e un esiguo drappello di giovani, studenti, minorenni, tutto coraggio e poca consapevolezza di andare incontro alla morte sicura. Piccoli eroi immolati dal piombo imperterrito dei tedeschi, implacabili nelle rappresaglie e nelle ecatombi di civili, spesso compresi i bambini e i vecchi. Due momenti storici che occupano gli estremi di una scacchiera. Filo conduttore, la morte e la sofferenza per tanta gente mai tornata a casa. Partiti per costruire un’Italia che neppure li ricorda e li conosce davvero? Ci sembra un’assurdità, una blasfemia. Tutti diano un contributo di rievocazione e di conoscenza, lasciando nelle penne la retorica e la politica. E magari non solo ogni 25 aprile.


25 Aprile 2013

Categoria : Storia & Cultura
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