Targa per partigiani uccisi ad Arischia


L’Aquila – (Foto: la Brigata Maiella entra a Bologna e sotto altre immagini storiche della Resistenza) – Scrive l’Istituto abruzzese per la storia della Resistenza e dell’Italia contemporanea: 25 aprile: una targa per non dimenticare gli eroi e partigiani Di Federico e Berardinucci. L’Abruzzo non dimentica gli eroi e partigiani Vermondo Di Federico e Renato Berardinucci, medaglie d’oro al valor militare, uccisi 11 giugno del 1944 dalle truppe tedesche ad Arischia,frazione dell’Aquila.
E giovedì 25 aprile alle ore 18.30 in una cerimonia a cura dello Iasric, l’Istituto Abruzzese per la Storia della Resistenza e dell’Italia Contemporanea, e l’Amministrazione dei Beni Separati, verrà apposta una targa commemorativa al casolare di fronte al cimitero di Arischia. Questi i fatti e i protagonisti: Vermondo di Federico, bracciante di Picciano era entrato dopo l’8 settembre 1943 nella formazione partigiana “Giacomo Leopardi”, operante a nord di Pescara, distinguendosi per la sua audacia. Fu catturato dai tedeschi nel giugno del 1944 e condannato a morte. Renato Berardinucci, nato a Philadelphia, figlio di italiani emigrati nel Nord America, era entrato nelle file della resistenza abruzzese, dando il suo aiuto ai prigionieri anglo-americani fuggiti dai campi di concentramento, grazie alla conoscenza della lingua. Fu catturato dai nazisti mentre stava portando in salvo, sulle montagne dell’Aquilano, alcuni paracadutisti alleati.
Il destino di Renato Berardinucci e Vermondo Di Federico si incontrò dunque ad Arischia, dove era di stanza il comando tedesco. Ed entrambi insieme ad altri partigiani furono condannati sommariamente alla fucilazione.
Quando i tedeschi ebbero allineati i condannati contro il muro del cimitero, poco prima della scarica del plotone di esecuzione, con uno sguardo di intesa Berardinucci e Di Federico decisero di tentare il tutto per tutto e come ricorda la motivazione della decorazione al valore, ”con un gesto di sublime follia, si scagliarono armati soltanto della loro volontà e della fede contro il plotone di esecuzione”. Un gesto disperato che non gli salvò la vita, ma che gettò scompiglio tra i militari tedeschi, e consentì ai loro compagni di fuggire e salvarsi”.


23 Aprile 2013

Categoria : Cronaca
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