Sisma in Umbria, c’è chi rassicura


L’Aquila – LO SCIAME IN ATTO DEVE INDURRE TUTTI ALLA PRUDENZA – “La situazione è sotto costante monitoraggio – dice oggi la Protezione civile umbra – e fino ad ora, non ci sono evidenze tali da indurre a preoccupazioni”. A Città di Castello, dove si trova un eccitato epicentro sismico, generato da una faglia storicamente nota e studiata, la situazione sta prendendo pieghe che suscitano perplessità e forse bisogna esortare – ancora una volta perchè la storia non insegna mai nulla – chi ha delle responsabilità a mostrarsi meno ottimista.
Dopo ciò che è accaduto nel 2009, e dopo il processo alla Commissione grandi rischi a L’Aquila, c’è ancora chi si azzarda a sostenere che “non vi sono evidenze tali da indurre a preoccupazioni”?
E’ solo sperabile, augurabile che sia così, ma è imprudente che qualcuno in momenti di paura affermi cose del genere. Lo sciame di Città di Castello (decine e decine di scosse, alcune anche piuttosto forti, fino a 3,6 ml, preceduto da sciami meno importanti nell’area di Gubbio) ha le caratteristiche dei fenomeni che in passato hanno causato emergenze. E danni. E oggi molti sismologi ritengono che una sequenza sismica così incessante e di così alta frequenza non sia tale da consentire rassicurazioni. Così come è anche vero che gli sciami possono esaurirsi senza parossismi rilevanti. E’ quello che caldamente auguriamo agli umbri, che è utile che tutti, in questo momento, conoscano la situazione senza veli e senza deviazioni.
Secondo scienziati di Trieste, tra i quali il prof. Peresan, “alcuni algoritmi puntano a individuare i sintomi precursori dei terremoti”. Peresan ha spiegato a La Stampa, solo poco tempo fa, che “le scosse più frequenti, magari raggruppate in periodi prossimi l’uno all’altro; il diffondersi di esse in zone anche ampie, e infine l’aumento della loro intensità, sono precursori sismici utili”. Se ne sono quasi sempre avuti nei terremoti storici (superiori a 5,4 Richter) e – come tutti ricordano ben lucidamente – se ne ebbero a L’Aquila: le scosse erano cominciate nel 2008, continuarono per mesi, sempre più frequenti e la notte del 5 aprile salirono di intensità fino al 5,8 ml (o 6,3 mw se preferite una diversa valutazione) delle 3 e 32.
Siamo certi che le autorità in Umbria leggano quanto meno i giornali? E che, se li leggono, ne tengano conto o li usino per incartare le uova?
A parte gli aspetti scientifici e i dati (ci sono, da 15-20 giorni, insoliti terremoti che si ripetono tra Rimini e Riccione, in questo periodo di generale inquietudine sismica tra Adriatico e Appennino), risulta davvero sconcertante che si scelga di rassicurare anzichè suggerire alla popolazione prudenza e rifiuto di facili ottimismi. Vorremmo, da una terra che sta pagando e pagherà sulla propria pelle, contribuire, in forza di amare esperienze, a osservare comportamenti più assennati e realistici. Vorremmo che la sentenza dell’Aquila sia ricordata, e non seppellita tra incoscienti polemiche. Vorremmo, soprattutto, che lo sciame sia “buono” nel senso che, dopo l’attuale parossismo, si esaurisca, si spenga esaurendo energia, come – sia chiaro – tavolta avviene. Ma chi è in grado che capire e prevedere se sarà “buono” o porterà al peggio? Al mondo, attualmente, nessuno. Dunque, si abbia il senno di evitare rassicurazioni.
Va ricordato, infine, che storicamente i terremoti in Umbria si sono rivelati collegati tramite l’Appennino a fenomeni anche più a sud, in territorio abruzzese. Basti ricordare eventi a Spoleto, Cascia, Norcia, Leonessa e la parte nord dell’Aquilano. E’ accaduto, dice la storia, diverse volte. Non significa che debba accadere di nuovo, naturalmente. Ma sarà bene soffermarsi sull’argomento, là dove ci si occupa di questi problemi. O no?


21 Aprile 2013

Categoria : Cronaca
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