Corrado Orrico, allenatore “con la tuta”
L’Aquila – Nel mondo del calcio i personaggi si contano a migliaia. Alcuni lo sono davvero, altri invece sono “costruiti”.
Dalla stampa, dalle TV, a volte anche da se stessi ma con la complicita’ dei media. Una sorta di “do ut des”
nel quale “tu” ti atteggi e io ti “ricamo” intorno tutta una collezione, di immagini, luoghi comuni, storie piu’ o meno vere che servono a costruire il “mito”. Al “mito” va a fagiolo, finche’ dura, al “sarto” pure, finche’ dura, ma anche dopo perche’ un mito si costruisce in due secondi. Un po’ di gel fra i capelli, il mento tra le dita durante la gara, che fa molto persona impegnata, e il gioco e’ fatto.
La storia di Corrado Orrico invece è quella di un uomo normale, come l’italiano medio, oltretutto con una capigliatura che sicuramente non ha mai visto spray o “effetto bagnato” . Carriera di calciatore stroncata a Livorno a 28 anni e via con la tuta ad allenare, come gia’ faceva dal “60 a Sarzana, collezionando fino ad oggi circa 25 panchine e qualche record assolutamente particolare, se non addirittura ineguagliabile: quello di aver troncato varie volte il rapporto con le societa’ di appartenenza, salutando garbatamente e rimettendoci di tasca sua. Una persona semplice, un antidivo.
Mai sulla scena per un minuto piu’ del necessario, neppure quando la partita persa era di quelle che ti stroncano per tutta la vita.
Lo vedo come una persona pulita e per questo mi è simpatico, senza contare che vedendo il suo percorso ho la sensazione che sia uno che di calcio ne mastica parecchio. Forse perche’ non sono un giornalista, senza contare che neppure lo conosco.
Spero non si offenda, se mai leggera’ queste righe, nel non trovare auguri o buoni auspici di sorta. Alla mia ed alla sua eta’ sarebbe ridicolo. Pero’ di una cosa sono sicuro e cioe’ che tra 100 anni, parlando di calcio, ci sara’ sempre qualcuno che ricordera’ queso signore con la faccia da persona per bene, che e’ riuscito a far vedere un bel calcio dal giorno in cui incontro’ un altro profeta incompreso, il “boemo” di nome Zdneck.
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