“Servono altri soldi”: benvenuti nella realtà!
L’Aquila – Scrive Apindustria: “Siamo finalmente arrivati al nodo che blocca il pettine e le conclusioni sono le più ovvie, meno sorprendenti e quelle più spesso richiamate: mancano i soldi. Da quattro anni si palleggia la ragionieristica favola dei “fondi per competenza” e non “per cassa”, cioè anche “pochi, maledetti e subito” di popolana memoria. Il fulcro della ricostruzione è tutto qui, ma la semplificazione non rende giustizia al quadro complessivo che si staglia sullo sfondo della tragedia aquilana.
Si è iniziato dai puntellamenti passando dalle ricostruzioni delle A, B e C, delle E fuori mura, della sospensione di tasse, tributi e contributi (ma non dei mutui), poi della restituzione al 40%, la zona franca urbana ma “non urbana”, poi il ritorno alla restituzione del 100% secondo la Repubblica Indipendente dell’INPS, il mancato rifinanziamento della Cassa Depositi e Prestiti, la scheda parametrica sì, anzi no, i proclami sull’avvio della ricostruzione dei centri storici e le invettive per chi non apre i cantieri ed infine la (sembra) consapevolezza del fatto che non ci sono le condizioni per far risorgere la Valle Aterno come meriterebbe.
Dopo tutto questo, srotolato durante 4 interminabili e frustranti anni di attesa, siamo ancora qui costretti ad osservare la sterili ed isteriche baruffe tra Barca, Chiodi, Cialente, De Matteis e via dicendo mentre le imprese agonizzano per gli stati di avanzamento o i saldi mancanti, la gente è esasperata dalle continue incertezze e l’economia locale è al collasso estremo.
Siamo ormai certi che esiste una sola causa che ha generato questa situazione ed è la totale incapacità a governare le criticità da parte di un’intera classe politica e dirigente a L’Aquila ed in tutta la regione.
Nessuno si senta escluso da questa critica dato che solo un fronte comune, unito e coeso, da destra a sinistra, tra imprese e lavoratori, tra commercianti, artigiani e pubblici dipendenti, tra chi non ha più una casa e chi l’ha riavuta, tra chi vuole scendere in piazza e chi preferisce una lotta più istituzionale, potrebbe portare a trovare finalmente le soluzioni dei problemi di tutti e non le colpevolezze per ciò che si poteva fare ma non si è fatto.
Perché di cose se ne potevano fare tante per evitare questo stallo, a partire dalla tassa di scopo fino al rifinanziamento della Cassa Depositi e Prestiti come in Emilia Romagna, dal richiamo al Governo per l’assunzione di responsabilità sugli errori commessi nei confronti della Comunità Europea a scapito dei cittadini dell’area cratere alla lotta legale contro INPS e INAIL, dalla definizione di contratti a tempo determinato (non legati alla stabilizzazione finale) che garantissero la continuità lavorativa di uffici preposti alla ricostruzione alla stesura di un piano razionale di spesa dei fondi come si sta cercando di fare solo ora.
Ma tutto ciò sarebbe stato possibile, e forse lo è ancora, solo attraverso la costituzione di un unico fronte politico trasversale che condivide alcuni obiettivi di buon senso e lotta per l’affermazione di questi principi attraverso una seria e feroce azione di pressione come avviene nei Paesi civili, ma ciò è solo utopia, la realtà aquilana è fatta di rimpalli di responsabilità a acquisizione di meriti non meritati tra personaggi di destra, centro e sinistra, ai quali si adesso aggiungeranno anche i “nuovi”, in cerca del solito posto al sole.
Così, mentre il Paese cerca con calma un governo possibile e a L’Aquila ci si crogiola nei propri alibi che giustificano il non fare, le aziende chiudono, i cantieri si fermano, i cinquantenni restano senza lavoro, i giovani espatriano, gli anziani si deprimono e per le strade del capoluogo si vede sempre meno gente, ma in tutto ciò qualche politico carrierista troverà comunque il suo posto ideale al centro della scena solo che ad ascoltare le sue parole non ci sarà più nessuno.
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