SISMI 09-12, C’ERANO SCIENZIATI CHE AVEVANO MESSO IN GUARDIA TUTTI


L’Aquila – (di Gianfranco Colacito) – SONO MATEMATICI E GEOFISICI TRIESTINI – (Foto in evidenza: algoritmo e rilevazioni geofisiche – Sotto: le aree di attesa arrivate solo nel 2012 e una faglia diretta nel territorio aquilano) – I calcoli di pericolosità erano corretti, la localizzazione pure, con un errore di una decina di chilometri sul possibile epicentro. Un gruppo di scienziati (non dilettanti allo sbaraglio, quindi) aveva elaborato a Trieste delle stime (non siamo quindi alle previsioni) che davano per probabile il terremoto dell’Aquila. Lo stesso ha fatto, molto tempo dopo, per il terremoto in pianura padana. Tutto è stato reso noto a “chi di dovere”, ma nessuno ne ha tenuto conto. Nel 2012 come nel 2009. Oggi ci commemorano morti, si contano danni, si lascia marcire ciò che è rovinato a terra ormai da 4 anni.
La sconcertante rivelazione viene da Trieste. Lì alcuni scienziati del dipartimento di Matematica e Gofisica dell’Università hanno messo a punto un algoritmo che con buona approssimazione mette in allarme sui terremoti possibili, se non certi.
Cosa che fece nel 2009 per L’Aquila. La Commissione Grandi rischi agì invece come è scritto nella sentenza che la condanna: rassicurò. Il mondo scientifico ufficiale, chiuso e ostile, chiuse le porte in faccia agli scienziati evidentemente non allineati. Cosa non nuova.
Nel 1997, alcuni sismologi previdero che “entro 10 anni ci sarebbe stato un forte terremoto in Abruzzo”. Lo scrissero a titoli enormi tutti i giornali. Nessuno se ne diede per inteso, non accadde nulla, istituzioni, autorità, scienziati di Stato, politici, sindaci, province, regione, università: tacquero tutti. Con un po’ di ritardo, nel 2009, L’Aquila e altre decine di centri furono distrutti. Come almeno altre due volte era avvenuto nella storia. E questo è importante, come vedremo
Gli scienziati dell’algoritmo (un metodo per risolvere i problemi attraverso un numero alto ma finito di piccoli passi avanti) sono dei matematici e dei geofisici. Applicano il loro metodo ai terremoti, prima di tutto studiandone le storie ricostruibili. Accanto al metodo probabilistico, si adopera quello deterministico. Pionieri sono i professori Panza e Peresan, che lavorano d’intesa con l’Accademia russa delle scienze.
Gli algoritmi puntano a individuare i sintomi precursori dei terremoti. Peresan ha spiegato a La Stampa che le scosse più frequenti, magari raggruppate in periodi prossimi l’uno all’altro; il diffondersi di esse in zone anche ampie, e infine l’aumento della loro intensità, sono precursori sismici utili. Se ne sono quasi sempre avuti nei terremoti storici (superiori a 5,4 Richter) e – come tutti ricordano ben lucidamente – se ne ebbero a L’Aquila: le scosse erano cominciate nel 2008, continuarono per mesi, sempre più frequenti e la notte del 5 aprile salirono di intensità fino al 5,8 ml (o 6,3 mw se preferite una diversa valutazione) delle 3 e 32. Un andamento classico.
Prima della grande scossa del 1915 nella Marsica, per quel che se ne sa, vi furono molte scosse precedenti, e altri precursori come acque calde, fanghi dal sottosuolo, esalazioni di odori sulfurei.
Gli algoritmi, secondo La Stampa, hanno permesso di prevedere 13 dei 15 terremoti tra il 1954 e oggi. Oggi se ne occupa anche l’INGV, e molti scienziati nel mondo se ne interessano.
Aspetti negativi e rischiosi? Prima di tutto la non infallibilità. Resta valido il principio: i terremoti non si prevedono. Il metodo triestino riesce a produrre delle stime di rischio, spesso rivelatesi molto attendibili, con alcuni mesi di anticipo e per zone molte vaste.
Diffondendo tali stime, si rischia di generare allarmismo. Ma qualcosa si può fare: prepararsi, predisporre piani e mezzi, organizzarsi, pianificare le operazioni,, concepire attività preventive, pensare al problema e soprattutto attivare la protezione civile. Che a L’Aquila prima del 2009 era pari a zero o quasi. La notte del sisma erano in servizio 12 vigili del fuoco… Eppue, da mesi c’erano scosse dopo scosse.
Non esisteva alcun piano di protezione civile cittadina. Non c’erano aree di raccolta. La parola terremoto suscitava solo grossolane scaramanzie testicolari. L’allucinante racconto della totale impreparazione di tutti è già stato fatto… per non rivangare le scoperte (e gli allarmi alle autorità) di due scienziati che avevano, 25 anni orsono, documentato la eccezionale attitudine all’accelerazione sismica del sottosuolo aquilano. Pagarono con la carriera, scomparvero, furono azzittiti.
E tutti continuarono a costtuire migliaia di case sulle faglie, non antisismiche, arronzate, rischiose; e tutti continuarono a ignorare che più della metà di scuole, palazzi, uffici, inclusa la prefettura, erano a fortissimo rischio sismico. E tutti danzarono sul Titanic sismico che puntava verso l’iceberg.
Ora l’argomento torna, e ci auguriamo che arrivi dove deve arrivare. Invece di recriminare sulla sentenza per la Grandi Rischi, in tanti dovrebbero cospargersi il capo di cenere.


08 Aprile 2013

Categoria : Cronaca
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