Grazie di tutto, adesso però i soldi
L’Aquila -(di G.Col.) – (Immagine da ukizero.com) – Il lutto ufficiale è finito: quello del 6 aprile, quarto anniversario. Il lutto dentro, indelebile, la gente se lo tiene e se lo porta nel cuore e nella mente. Chi sa se la politica ne ha una pallida idea…
La fiaccolata si è dissolta nel buio, il centro storico della città e dei paesi del cratere vengono restituiti alla solitudine e al silenzio. Chi non lo ha mai fatto, si rechi di notte in centro a L’Aquila o in un altro abitato distrutto qualsiasi. Proverà sensazioni forti, impressioni indimenticabili. E anche un brivido. La percezione di un mondo finito nella polvere.
Grazie a chi ha portato la vicinanza delle istituzioni. Grazie per gli impegni, le esortazioni a non perdere del tutto la speranza. Talvolta fa bene ricevere una carezza e qualche parola di sostegno.
Fa male, invece, arrivare al quarto anno e sentir dire che altri dieci anni, forse, non basteranno. Sommati ai quattro trascorsi, farebbero 14. Fra 10 anni potrebbe, però, non esserci più molta gente da ricollocare in una città abitabile, a L’Aquila. E soprattutto nei centri minori, che già prima tendevano alla dissoluzione sociale.
Migliaia di persone, i giovani, potrebbero aver mollato ed essersene andati. Pare – dice il sindaco Cialente – che 3.500 persone se ne siano già andate. Quando l’anno scorso scrivevamo che c’era l’esodo (provato da alcuni indicatori molto eloquenti, quelli sui consumi e sui rifiuti) e che sarebbe aumentato, ci accusavano di disfattismo anche alcuni politici che oggi dicono… proprio la stessa cosa. Pazienza.
Di soldi ne sono stati spesi (anche sprecati) moltissimi, centiaia di milioni di euro. C’è anche chi – lo ipotizzano le tante inchieste in atto – ha lucrato ed è arricchito. O ha rubato. Ci viene in mente il paragone della ruota sgonfia a causa di un minuscolo forellino. Là per là sembra gonfia, ma la mattina la ritrovi a terra. Pompi aria, ma tornerà a sgonfiarsi. I tanti soldi spesi hanno prodotto solo benefici a tempo, tappato buchi e fonteggiato emergenze. Finita l’emergenza, ci ritroviamo senza soldi e con un sindaco che parla di condanna a morte della città , trasudando pessimismo che gli aquilani non avevano mai avvertito in lui. Ma il pessimismo bisogna sempre impugnarlo, perchè è la fotocopia del realismo. In questo paese, siamo abituati alla malagestione pubblica, niente è più incerto delle promesse solenni e degli impegni formali dio governanti e politici.
Perdersi in chiacchiere è inutile, e su questo giornale non abbiamo spazi da riempire, per chiudere l’edizione di oggi. La nostra edizione vive 24 ore su 24, e dunque sintetizziamo: grazie di tutto, però adesso servono i soldi. E serve una garanzia che solo una legge ad hoc può dare: ogni anno una certa somma. Fino a ricostruzione avvenuta. La foratura nella ruota va riparata, è inutile soffiare aria che andrà via dal buco non otturato.
Gli aquilani, la gente del cratere, ha avuto fino ad oggi una pazienza infinita, comprensione per chi deve svolgere un lavoro obiettivamente difficile, senza precedenti, come ricostruire un grande centro abitato pieno di emergenze storiche e monumentali. Ora più che rabbia, la gente – come è stato scritto e detto con grande verità – è sfiduciata, sfinita e tanti se potessero, se avessero meno anni e meno legami, se ne andrebbero. Una seconda, globale emigrazione come negli anni Cinquanta nel Mezzogiorno. Verso altri luoghi, altre leggi, altre regole meno fumose e asfissianti. Dove il Governo per pagare i suoi debiti, non debba… emettere un decreto, il colmo dell’italianità malsana e irrespirabile.
Roma, deciditi. O sborsi i soldi, o perdi una città intera con il suo circondario. Sarebbe una cosa mai accaduta nel mondo civile. Ma da queste parti tutto può essere, convinciamoci. Restiamo vigili, o almeno siano vigili coloro che hanno deciso di restare.
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