Calcio e amarezza
L’Aquila – Scrive Franco Taccia: “Quello che leggo sulle ultime (?) vicende in seno alla squadra de L’Aquila calcio mi procura grande amarezza. Sembrerebbe, perche’ tutto cio’ che trapela somiglia alle famigerate “veline” e quindi, vai a sapere la verita’ completa, che un calciatore, Iannini, un centrocampista acquistato mesi fa’ in pompa magna, sia stato, diciamo così, messo in castigo.
Le considerazioni che la cosa mi spinge a fare sono tante, e nessuna piacevole. In Italia, il paese del garantismo assicurato anche per chi viene filmato mentre ammazza 10 persone perche’ fino a sentenza di condanna passata in giudicato al massimo si puo’ definire “presunto” responsabile, o dove gente che si frega milioni di euro approfittando di un incarico di pubblico amministratore si e no viene messa ai domiciliari, magari in un “resort” con piscina, e poi grazie agli avvocati pagati coi soldi fregati, cioe’ i nostri, se la cava con la prescrizione come se nulla fosse avvenuto, nessuno si puo’ azzardare a giudicare qualcuno o quasi. Ecco, il quasi avviene a L’Aquila. Dopo le ultime prestazioni della squadra (avete letto bene, “della squadra”) si comincia a sentir parlare di pugno duro, mano pesante ecc. ecc. perche’ stranamente si è arrivati alla conclusione che se le cose vanno male forse c’è chi non da il massimo, o comunque non si comporta come dovrebbe o chissa’ che altro, sostiene qualcuno. E nel frattempo, pochi giorni fa la squadra non si allena per protesta, sostiene qualcuno. Passa Pasqua, giorno della resurrezione, e per risorgere non si trova di meglio che mettere all’angolo uno dei giocatori, appellato “sindacalista” quasi a lasciar sottintendere chissa’ quale misterioso significato coniugabile con l’essere davvero tale.
Ma, sbaglio o il calcio si gioca in 11, sbaglio o è quella cosa (stupida) dove si dice sempre che se si vince è merito di tutti e se va male sono tutti sotto processo? E invece tocca solo ad uno. Sara’ ma sono sempre stato convinto che quando si compra un calciatore bisognerebbe sapere tutto, che tipo e’, se è uno calmo, se fuma, se litiga sempre con tutti, se il sabato va a Messa, se suona ai campanelli delle case quando cammina per strada, se ha vizi e quali sono le virtu’. Per cui, detto chiaro e tondo, che si prenda una decisione in qualche modo punitiva, a carico di uno che ha trent’anni, che hai voluto in tutti i modi, e al quale magari hai fatto pure un biennale, non mi convince affatto. E vorrei vedere le ripercussioni sul clima dello spogliatoio, che fino a pochi giorni fa era descritto come idilliaco. Piaccia o no ha tutta l’aria di un processo sommario (o di qualcosa che ovviamente non sappiamo). Pero’ a carico di uno solo. Questa storia che si debba vincere per forza o come scioccamente dice qualcuno, senza se e senza ma, come se gli altri avessero solo il compito di assistere mi da fastidio. Gente che magari esce dal posto di lavoro 10 volte senza permesso o che è considerata una nullita’ nel proprio ambito, va allo stadio e decide pure se uno si impegna o no, come fosse la cosa piu’ normale del mondo. Certo, uno guarda e valuta, ma mica e’ detto che abbia sempre ragione. Questo è il calcio, ma un calcio nel quale dovunque, s’è perso il senso della misura e dove tocca sempre trovare un colpevole, possibilmente fra chi e’ piu a portata di mano. Un calcio stupido, appunto.
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